';

Ecco perché in Francia gli stranieri investono
11 Mar 2014 10:36

Qual è la dipendenza della Francia dai mercati finanziari? E quale ruolo ricoprono quest’ultimi nel quadro economico?

Quasi due terzi del debito pubblico francese (il 63,8%) è detenuto da investitori stranieri, ossia il tasso più elevato tra i paesi con un debito “importante”.

Solo l’Austria (256,7 miliardi) e il Portogallo (238,8 miliardi) sono maggiormente esposti rispetto alla Francia nei confronti dei mercati finanziari. E allora? Che differenza fa sapere se è Pierre Dupont, BNP Paribas, un hegde-fund Americano o la Bank of China che detiene il nostro debito?

Al 31 dicembre 2012 la capitalizzazione di borsa delle aziende francesi del CAC 40 viene detenuta al 46,3% dai non residenti (o stranieri?).

Ciò rappresenta 410,4 miliardi di euro su una capitalizzazione totale di 886,4 miliardi, ha indicato mercoledì 25 settembre la Banca di Francia, aggiungendo che il “tasso di detenzione da parte dei non residenti torna ai livelli più alti osservati nel 2004 e nel 2006” [46,7 et 46,6 %].

Una delle cause di questo aumento del tasso dei non residenti si spiega, sempre secondo la Banca di Francia, dalle variazioni delle quotazioni di borsa. Così,”I titoli sui quali la detenzione da parte dei non residenti è più elevata fanno misurare nel 2012 degli aumenti nelle quotazioni nettamente superiori (fino al 50 %) a quella dell’indice di insieme.

Questo effetto contribuisce all’aumento di 0,9 punti del tasso di detenzione medio del CAC 40 da parte dei non residenti”. Secondo le cifre pubblicate dalla Banca di Francia, questo tasso del 46.3% si avvicina al livello più alto raggiunto negli anni 2004 e 2006.

A conti fatti, ciò rappresenta 410,4 miliardi di euro. E gli stranieri detengono quasi sempre delle posizioni dominanti.

Per esempio, in sedici aziende, la loro parte varia da 50% a 75% con un tasso di detenzione medio del 57,8%. Diciassette si collocano tra 25% e 50%, mentre solo due hanno un tasso di detenzione da parte dei non residenti inferiore a 25%.

I settori mirati dagli investimenti di questi non residenti sono la sanità, il petrolio, il gas ed I materiali di base. È il settore dell’industria a registrare il progresso più forte del tasso di detenzione da parte dei non residenti, mentre quello dei servizi diminuisce per il quinto anno consecutivo.

Tra questi, il 18,9 % sono originari dei paesi della zona euro (contro il 18% nel 2011), il 15,3 % provengono dagli Stati Uniti (contro il 14,5 % nel 2011) e il 3,3 % dal Regno Unito (contro il 3,1 % nel 2011).

Secondo l’Agence Française du Trésor, incaricata della gestione del rifinanziamento dei 1.382 miliardi di euro della parte del debito francese negoziabile sui mercati, la detenzione da parte dei non residenti presenta solo dei vantaggi.

“L’emittente diminuisce il proprio rischio di rifinanziamento diversificando la base di investitori; da una parte perché il volume della potenziale richiesta aumenta, dall’altra perché il comportamento medio degli investitori si stabilizza nel corso del tempo. Di fatto, nel 1993, solo il 32% del debito francese era detenuto da non residenti.

“L’AFT ha una gestione del tutto innovatrice e dinamica del debito”, secondo Bruno Cavalier, chief economist della Oddo Securities. “Obbligazioni indicizzate all’inflazione francese, all’inflazione europea… gli investitori hanno la scelta, su un mercato molto liquido e profondo. La Francia ha quindi fatto di tutto per sedurre gli investitori stranieri ed ci è riuscita, partendo dal principio semplice che non bisogna mettere troppo uova nel paniere. Quindi fin quando un paese ha un buon rating, I capitali stranieri abbondano. “Ciò ci costringe a mantenere una certa credibilità nei confronti dei mercati finanziari” sottolinea Bruno Cavalier.

Poiché i “non residenti” non sono delle persone fisiche che conservano le loro obbligazioni saggiamente fino al loro termine. Sono degli investitori istituzionali, assicuratori, banche, fondi pensionistici o altri asset manager.

Questi devono generalmente dare prova della loro performance facendo riferimento a dei “benchmarks” indiscutibili, tra i quali il più importante è la tabella delle agenzie di rating.

Questi non residenti hanno quindi un atteggiamento di emulazione e “pro ciclico”: fin tanto che un paese ha un buon rating, o un rating migliore degli altri, i capitali stranieri abbondano, ma in caso di problemi, i fondi vengono rimpatriati molto rapidamente nel paese d’origine. L’Italia e la Spagna ne sanno qualcosa. La spirale infernale può innestarsi velocemente.

“Il comportamento medio degli investitori si stabilizza nel corso del tempo” afferma l’AFT. Sì ma per quanto tempo ancora?


Dalla stessa categoria

Lascia un commento