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I pontefici in Calabria: da Wojtyla a Francesco
20 Giu 2014 09:18

Papa Wojtyla, sulle orme di San Francesco di Paola, lanciò un appello contro la criminalità organizzata; il suo successore, Joseph Ratzinger, decise di scegliere la certosa di Serra San Bruno per una vera e propria ode al silenzio.

Si possono racchiudere in queste due sintesi i ricordi delle visite degli ultimi due pontefici in Calabria. Ripensando a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI c’è grande attesa per l’arrivo di Papa Francesco a Cassano allo Jonio che incentrerà la sua visita pastorale di sabato tra i detenuti del carcere di Castrovillari, i poveri, i malati e gli anziani.

Prima della visita di Wojtyla bisogna andare indietro di ottocento anni prima di trovare le tracce di un Papa in Calabria. Nel 1165 toccò ad Alessandro III e prima di lui si recarono in Calabria Papa Costantino I, nel 710; Urbano II, nel 1096, e Callisto II, nel 1122. Era l’ottobre del 1984 quando Papa Giovanni Paolo II giunse in Calabria per il suo 44/mo viaggio in Italia ed il primo dedicato interamente ad una regione. Il primo incontro lo dedicò agli agricoltori.

Il Papa giunse a Lamezia Terme per poi fare tappa nella certosa di Serra San Bruno, nel santuario di San Francesco Paola, per poi recarsi a Catanzaro, Cosenza, Crotone e Reggio Calabria.

Guardando alla figura di San Francesco di Paola, Papa Wojtyla esortò i fedeli a “incarnare le sue virtù” in modo da poter “debellare il male sociale” – disse – “che agli occhi di molti hanno oscurato l’immagine di questa laboriosa regione“.

Rivolgendosi ancora ai fedeli aggiunse che “se avrete il coraggio di cancellare l’omertà allora miglioreranno i rapporti tra voi e sarà spezzata la tragica catena di vendetta e tornerà a fiorire la convivenza serena”.

Sette anni dopo la visita di Wojtyla la Calabria salutò Benedetto XVI. Nell’ottobre del 2011 Papa Ratzinger celebrò la messa a Lamezia Terme e poi visitò la Certosa di Serra San Bruno dove lanciò un appello profondo sui temi del silenzio e della solitudine.

Il suo discorso, inoltre, guardava ai giovani, troppo spesso vittime del rumore di fondo e dell’onnipresenza dei media. Benedetto XVI, in Calabria sulle orme di San Bruno che nove secoli fa insegnò ai certosini una vita di silenzio, povertà, preghiera e lavoro, citò il “rumore” sempre presente anche di notte, con le “persone immerse in una realtà virtuale, con messaggi audiovisivi che accompagnano la loro vita da mattina a sera”.

I giovani, aggiunse, “nati già in questa condizione”, “sembrano voler riempire di musica e immagini ogni momento vuoto”, una tendenza che diventa “mutazione antropologica”.


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