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I preti eroi tra Scampia e Castel Volturno. Le loro storie in un libro
30 Dic 2013 08:58

Non ci sono farmacie, non ci sono librerie, non c’è un cinema e la città sembra lontanissima da queste isole di solitudine. Ma c’è il Vangelo, perché c’è sempre un prete. Così in queste isole degradate c’è sempre un tentativo di integrazione, educazione, di far comunità e far politica per il bene delle persone.

Scampia, Poggioreale, Capodichino, Secondigliano, Sanità, ma anche Castel Volturno, raccontati con gli occhi dei preti che ci vivono e ci lavorano, da nomi delle periferie campana tristemente noti alla cronaca diventano frammenti di un Vangelo che racconta, denuncia, spera nel riscatto, e lo fa intravvedere.

Succede in “La buona novella. Storie di preti di frontiera“, edito da Guida, 196 pagine, 12 euro, in cui Ilaria Urbani, cronista napoletana ha raccolto 13 storie di sacerdoti e “uomini coraggiosi“, come li definisce Roberto Saviano nella prefazione, che da anni o decenni vivono nelle frontiere della droga, dell’emarginazione sociale, della vicinanza fisica alla criminalità.

Da cronista mi ero sempre resa conto che dietro ogni fatto di cronaca in un contesto di degrado, c’era un sacerdote che aiutava a pagare le bollette, portava i ragazzi a scuola, li faceva giocare a calcetto per sottrarli alla camorra, e magari poi si trovava le armi in chiesa o una pistola puntata alla tempia“. Così da cronista, e “non credente, magari in ricerca“, come si definisce, è nata l’idea di offrire a questi preti di frontiera la possibilità di raccontare la propria storia.

Tanti volti e tante storie. Tra loro c’è Antonio Bonato, comboniano che dopo 16 anni in Mozambico ha scelto la “little Africa” campana di Castel Volturno, landa desolata sulla Domiziana. Al confine tra Secondigliano e Capodichino c’è don Carlo De Angelis, una vita dedicata al recupero dei tossicodipendenti. A difendere la dignità dei carcerati c’è don Franco Esposito, cappellano di Poggioreale. A Scampia c’è don Aniello Manganiello, rimosso da parroco e rimasto come volontario. Si racconta anche don Felix Ngolo, arrivato dal Congo al rione Gescal, con tappa a Quarto. Ancora a Scampia ci sono i gesuiti Fabrizio Valletti e Domenico Pizzuti, il primo con pragmatismo manageriale tenta di indurre la Napoli bene del centro a creare posti di lavoro a Scampia; il secondo resta convinto che l’immigrazione non sia un problema da gestire, ma “un regalo divino che apporta un inestimabile arricchimento umano, ancor prima che culturale“.

Emergono vari temi, dall’ rapporto con le istituzioni e il potere, – civile ma anche ecclesiastico – ai beni sottratti alla criminalità che diventano beni sociali, alla mobilitazione per il lavoro, al rugby come strumento di integrazione. Queste storie di preti di frontiera sono approdate in libreria il 19 marzo, anniversario dell’assassinio di don Peppino Diana, pochi giorni dopo l’elezione di papa Francesco, che vuole una chiesa dei poveri che perlustri tutte le periferie e le frontiere. Un caso, anche editoriale, un pezzo di Chiesa italiana che esiste da sempre e che aspettava solo di essere raccontata, un libro che diventa strumento per accendere i riflettori su qualcosa che sarebbe rimasto in ombra. “In ognuno di loro – racconta Ilaria – c’è sempre la premessa dell’ accoglienza e dell’essere sacerdote, c’è la sociologia e la politica certo, c’è la denuncia, ma poi il cerchio si chiude, e si torna al Vangelo“.


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