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Il paese dell’arte dei coltelli
04 Lug 2014 09:54

Marc Monnier è stato un notevole narratore.

Durante il suo soggiorno napoletano, nell’Italia a ridosso dell’ Unità, scrisse di camorra.

In un passo di un suo libro, parlando della  vita nel carcere della Vicaria, a Napoli, scrisse di un duello a coltellate tra dei camorristi ed un prete calabrese, recluso lì per disguido. Il prete riuscì a disarcionare i due angusti camorristi, risparmiandogli la vita e salvando la sua.

In un bosco del monte Greco, che erge la sua maestosa vetta in quel d’Abruzzo, una coppia di insegnanti in pensione, riconoscevano funghi commestibili come un cane da tartufo, i tartufi. E con il loro coltellino, li recidevano alla base riempendo un canestrello.

Nella cucina della sua casa di Castelnuovo della Daunia la signora Maria, regnante Francesco II, tagliava le verdure per la minestra con buon coltello, ponendo attenzione a non alimentare gli scarti.

Queste tre situazioni: duello, scampagnata e pranzo, hanno in comune, appunto, il coltello. E tutti questi arnesi, recavano stentorea una scritta, ai più misteriosa: Frosolone.

Che origine aveva quel nome così inadeguato ad una lama?

Era il comune di provenienza dell’arnese.

Frosolone è un paese di circa 3.000 abitanti sito in provincia d’Isernia, ma a ridosso di quella di Campobasso.

Esso è citato dal Boccaccio nel Decameron per la provenienza di un frate, tal fra’ Cipolla.

Ma il comune molisano deve la sua fama nel mondo per la produzione di coltelli. L’origine di tale tradizione affonda le sue radici nel popolo sannita, che abitava questi luoghi e riuscì a tener testa all’esercito romano per la capacità di forgiare armi affilate.

Anche i Longobardi nel VI secolo ci misero una mano.

Ma fu la casata nobiliare dei Monforte-Gambatesa, che nel XV secolo diede inizio alla vera attività. Essi costrinsero i loro sudditi in Frosolone e terre confinanti, a produrre ferraglia da guerra ben affilata.

Poi vennero i Gonzaga con armaioli di Milano, a rimpinguare la zona nella costruzione di armi.

Per avere notizie circostanziate su Frosolone, bisogna attendere il 1828, quando la famiglia Fazioli meritò una medaglia nell’esposizione di napoli, dovuta alla costruzione di un coltello.

Ma fu dagli inizi del ‘900 che il paese si distinse nella produzione.

Nacquero l’Unione delle fabbriche dei lavori in acciaio, la Società popolare frosolonese, la Lega coltellinai.

I frosolonesi divennero così bravi da migrare e portare la loro capacità specifica negli Stati Uniti.

Non osiamo immaginare quanti duelli e regolamenti di conti, avvennero con un coltello a serramanico o a scatto di Frosolone, fra le canaglie italiane dedite alla criminalità. Non se ne abbiano i frosolonesi per questo parallelismo immaginifico, ma a vedere le foto della produzione, spiccano molti capolavori artigianali visti nei film in ambienti della società, dove il coltello in tasca era d’uopo per difesa ed offesa.

Ce ne sono di bellissimi, vere opere d’arte, conservate nei musei e preda di collezionisti. Il più famoso è il cosiddetto Aquilano. Si tratta di un coltello a serramanico di grandi dimensioni, a molla fissa, con manico ricavato dalla punta di un corno di bue, con aggiunta di ottone.

Fino al 1960, i vicoletti di Frosolone brulicavano di piccole botteghe che costruivano coltelli e forbici e le mandavano ad affilare dagli arrotini nei paesi limitrofi. In particolare Sant’Elena del Sannio.

Poi la macchina soppiantò l’uomo nella produzione e le botteghe lasciarono il posto a piccole fabbriche. Ognuna ha il proprio marchio e si distingue per le caratteristiche

Certo è che a Frosolone a tuttora si possono comprare coltelli, forbici, bisturi, pugnali, sciabole e qualunque arnese da taglio.

Chi l’avrebbe mai detto. Un piccolo paese del sud, famoso nel mondo per un arnese così particolare, dotato di utilità per pratiche quotidiane, ma anche ricco di mistero e fascino, per altri motivi.

Frosolone, un nome che penseresti assimilabile ad un pupazzo paffuto, mai ad un coltello di foggia ricercata.

Eppure.


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