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Ilva e la truffa da 100 milioni ai danni dello Stato
14 Mar 2014 09:14

La Procura di Milano ha chiesto il giudizio immediato per l’ex patron dell‘Ilva Emilio Riva, per il figlio Fabio e per altre due persone accusate di associazione per delinquere e truffa aggravata nell’ambito di uno dei filoni di un’indagine più ampia sul colosso siderurgico.

La richiesta è stata inoltrata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dai pm Mauro Clerici e Stefano Civardi al gip Fabrizio D’Arcangelo e riguarda anche Agostino Alberti, consigliere delegato della società svizzera Ilva Sa, e Alfredo Lomonaco, presidente della finanziaria elvetica Eufintrade.

I due furono arrestati lo scorso 22 gennaio, giorno in cui venne emesso anche un mandato di arresto europeo per Fabio Riva, già in libertà vigilata a Londra per via dell’inchiesta di Taranto.

Destinatarie del provvedimento di custodia cautelare anche altre due persone che però attualmente si trovano in Svizzera: la loro posizione è stata stralciata e rimangono indagate così come la stessa Ilva, inquisita in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti.

Secondo il filone di indagine, sarebbe stata creata una società ad hoc, l’Ilva Sa, per aggirare la normativa (la ‘legge Ossola’) sull’erogazione di contributi pubblici per le aziende che esportano all’estero.

In sostanza la legge prevede che le società, che hanno commesse estere e ricevono però i pagamenti in modo dilazionato nel tempo (dai 2 ai 5 anni), possano ricevere stanziamenti da Simest, la controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti.

L’Ilva, però, è l’ipotesi di accusa, non avrebbe potuto avere questi fondi in quanto veniva pagata per le sue commesse con dilazioni che non oltrepassavano i 90 giorni. E così, in base agli accertamenti, sarebbe stata costituita la società svizzera che prendeva le commesse all’estero e poi si interfacciava con l’Ilva spa.

A quel punto, i pagamenti dalla società svizzera all’Ilva venivano dilazionati nel tempo in modo da poter usufruire della normativa sulle erogazioni pubbliche. La truffa, secondo la ricostruzione dei pm, è stata commessa tra il 2007 e il 2013, e sarebbe di 100 milioni di euro. Cifra che sempre a gennaio il Nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano, ha sequestrato agli indagati.

Ora la parola passa al gip D’Arcangelo al quale spetterà decidere se accogliere o meno la richiesta di giudizio immediato. Nel caso in cui dovesse essere disposto il giudizio immediato non verrebbe celebrata l’udienza preliminare e gli imputati, che comunque possono avanzare istanza di rito alternativo, finirebbero direttamente a processo davanti al Tribunale.


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