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La favola vera dei due clandestini rinchiusi nel centro accoglienza di Bari che sognano di diventare campioni. Grazie a due poliziotti
03 Gen 2014 08:59

Sognare di diventare campioni correndo lungo il perimetro di un Centro di accoglienza per richiedenti asilo, grazie all’aiuto di due poliziotti. E’ la storia di Nageeye Abdulle Abdisha Juur, somalo di 21 anni, e di Hitsa Mussie, 24 anni, eritreo. Lo scenario è il Cara di Bari, la storia di solidarietà è in evidenza sull’ultimo numero di Famiglia Cristiana.

I due immigrati erano arrivati al Cara dopo un’odissea di viaggi e sofferenze. Un giorno due poliziotti in servizio al Cara, il sovrintendente Francesco Leone e l’assistente capo Francesco Martino, appassionati di mezzofondo, li vedono correre e allenarsi con le loro scarpe consumate. Decidono di cronometrare i tempi e scoprono che sono due atleti di razza, nonostante quelle loro gambe magrissime e apparentemente fragili. I due poliziotti (entrambi sposati e con monoreddito famigliare, Leone padre di due figli e Martino di tre) si guardano negli occhi e decidono di acquistare tute, scarpe e quant’altro per consentire a quei due piccoli ‘fenomeni’ di allenarsi in modo più dignitoso, pur se all’interno del Cara.

Conquistano‘ in questo anche un loro collega, Donato Ventura, pure lui runner. Abdulle era stato chiamato nel 2011 a difendere i colori del suo paese ai mondiali di atletica leggera in Corea del Sud; è arrivato sino alla semifinale dei 5.000 metri. Ora ha in mano un permesso di tre anni per protezione umanitaria. Hitsa ha avuto un permesso di soggiorno come rifugiato per cinque anni ed è partito per la Svizzera. Ma il filo di solidarietà e amicizia costruito con loro dai poliziotti è più che mai vivo.


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