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L’Italia non sa spendere i fondi europei
29 Dic 2014 08:38

E’ sempre più viva l’attenzione sui fondi europei. Una gran quantità di soldi. Molti ne parlano, soprattutto in questo periodo in cui si iniziano a tirare le somme dato l’avvicinarsi della fine del primo anno di programmazione.

In sostanza, cosa promuove l’Unione Europea? Una politica di coesione per lo sviluppo di progetti in tutte le regioni europee, finanziati sulla base di fondi strutturali costituiti con soldi conferiti da ciascun Paese membro dell’Unione; soldi che costituiscono circa un terzo del bilancio europeo. I progetti non sono inventati a caso, ma devono essere coerenti con un Quadro Strategico Nazionale frutto di un’ampia discussione a livello europeo e nazionale e con il coinvolgimento delle Regioni. Vale a dire: date certe politiche europee, che l’Italia concorre a definire, ogni Nazione stabilisce come declinarle nel proprio Paese e ogni Regione, poi, definisce specificatamente che tipologia di progetti saranno ammessi a finanziamento visti i problemi e bisogni locali. In sintesi, per gli increduli, nulla viene imposto, ma è frutto di un lavoro di cooperazione territoriale tra gli Stati membri.

Per il settennio di programmazione 2014-2020, dei 351,8 miliardi di euro di fondi strutturali per le politiche di coesione da ripartire fra i 28 Paesi membri, all’Italia sono spettati circa 44 miliardi di euro di cui 31,1 miliardi di euro sono destinati ai fondi FESR (20,6 miliardi) e FSE (10,4 miliardi), 10,4 miliardi di euro al FEASR e 0,537 miliardi di euro al FEAMP. Alla Cooperazione territoriale europea sono destinati 1,1 miliardi di euro e 0,567 miliardi di euro sono invece le risorse per l’iniziativa in favore dell’occupazione giovanile “Youth Employment Initiative”, la cosiddetta “Garanzia Giovani” che ha già visto qualche bando pubblicato. Agli stanziamenti comunitari si aggiungono gli oltre 20 miliardi del cofinanziamento nazionale dei Programmi che attueranno la strategia condivisa. Un totale di circa 86 Miliardi di euro da spendere.

L’Italia, come “maggior contribuente” riuscirà a comprendere il funzionamento delle politiche europee e non rischiare di ripetere gli stessi errori? Qualche dubbio persiste, non perché ci sia la mancanza di professionisti sul territorio italiano in grado di presentare una richiesta di finanziamento, quanto all’incapacità di una pianificazione tra gli attori politico-amministrativi e dalla mancanza di saper fare rete. E cosa succederà? Che pur di mostrare di avere speso e non avere perso definitivamente questi soldi, si finanzierà assolutamente tutto, molte delle quali inutili che non creeranno quel benessere che l’Europa ci chiede e di cui le nuove generazioni hanno diritto.


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