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L’Unità d’Italia, il povero Sud ed il ruolo degli storici
11 Lug 2015 08:15

La creazione di una nazione italiana, era fatto inesorabile. Che sia avvenuta con circa sette secoli di ritardo sulla Francia e la Gran Bretagna, è dipeso dalla presenza nel suo territorio del centro della cristianità.

L’inesorabilità, era dovuta dalla geografia, e quindi dalle Alpi.

Tutto ciò che era al di la’ di esse, in estensione verso Mazzara del Vallo, era da considerarsi, in potenza, parte di un solo blocco.

Il trattato di Sutri, che ha dato sostanza ad uno stato pontificio, ha conseguenzialmente permesso la creazione di un regno del sud, che ha cambiato più nomi ed è stato sempre oggetto di dominazioni. Tranne che nell’ultima esperienza dei Borboni, che si erano amalgamati al territorio.

Quando le monarchie europee sono mutate in stati, perché il concetto di proprietà privata, di demanio, di tassazione e della necessità di una politica estera, non incentrata sui matrimoni, hanno costruito una burocrazia, il processo di autonomia e demarcazione delle realtà linguistiche e territoriali, divenne inarrestabile. Ed inesorabilmente tutto ciò che era al di la’ delle Alpi, divenne oggetto di pensiero politico, quindi di politica, quindi di azione aggregante.

Dispiace che milioni di cittadini ignari appartenenti ad uno stato, il Regno di Napoli, siano stati travolti da questo processo irreversibile, che se agli inizi fu morbido, con annessioni veloci, poi nel coinvolgimento graduale dei territori, mutò in un bagno di sangue.

Che sia stata la casata di Savoia ad essere il collante della nazione Italia, è dovuto alla circostanza di essere all’epoca  l’unico stato della penisola più attrezzato militarmente e più moderno nella componente politico-istituzionale.

I Savoia, per cinque secoli, hanno fatto del militarismo la loro forza sostanziale, e ciò ha pesato nelle menti di chi ha progettato ed alimentato il disegno unificatore. Di tale idea, fare il nome di Mazzini è riduttivo, perché esso ha avuto cento padri, tutti partoriti dalle circostanze storiche e non il contrario.

Lo stato pontificio ha resistito ulteriormente alla capitolazione, per la sua carica simbolica e la forza che derivava dall’autorità religiosa. Anche Garibaldi ha dovuto soprassedere al suo straripante impeto. Ma alla fine, l’inesorabilità di un processo avviato a compimento, ha inghiottito le ultime mura che separavano l’Italia.

Ora, da qualche decennio, il revisionismo storico, dovuto più a uomini di buona volontà, che addetti ai lavori, cerca di rompere l’incantesimo della bella favola della riunificazione, con i buoni da una parte ed i cattivi dall’altra. Ma uno storico sa, che certa epopea piena di omissioni, è stata costruita per alimentare la coesione di una nazione priva di un’identità.

Se la storia dell’Unità è stata monopolizzata dalla mera impresa di Garibaldi, è avvenuto per incollare gli uni agli altri gli italiani. La prima grande guerra, i nazionalismi degli inizi del ‘900 e la seconda guerra mondiale, che hanno portato involontaria coesione, non erano bastati. E così la storiografia ha cercato di dare una “mano” a unire ciò che sulla carta era già unito.

Che la politica ha giocato un ruolo di condizionamento nei programmi scolastici, è innegabile, che l’ortodossia conformista di molte accademie abbia pesato intellettualmente, è innegabile, il resto lo ha fatto la voglia di milioni d’italiani di sentirsi parte di qualcosa. Una ricerca d’identità. Ma non dimentichiamo quel bagno di sangue di cittadini ignari, che videro arrivare un esercito dal Piemonte ad invaderli. Sono state vittime innocenti – morte senza aver inteso un perché.


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