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Un fiume in piena per salvare la nostra terra
16 Nov 2013 11:07

Non li ferma la presenza annunciata di De Magistris, in veste istituzionale, con il vessillo della città di Napoli, e già oggetto di contestazione. Non li ferma chi li vorrebbe strumentalizzare, come il partito del Vendola ridente, che fa circolare un banner nuovo del corteo “azzeccandoci” sopra il simbolo politico di Sinistra e Libertà, cosa che era stato espressamente richiesto di evitare. Non li fermano le polemiche, gli intoppi burocratici, le incertezze organizzative, le problematiche economiche provocate dalla gestione di ogni evento, nè li ferma la paura di una folla “partecipante” che aumenta ogni giorno di più.

Sì perchè i giovani organizzatori apartitici che hanno deciso di imbarcarsi in questa avventura, il grande corteo per dire Stop al biocidio, stavolta forse riusciranno nell’impossibile, muovendo tante persone in una direzione unica, mettendo insieme multiformi realtà, diverse e ugali, scese fianco a fianco per un unico e unificante motivo: fermare la morte di uomini e terre della Campania. Oggi, quello che i ragazzi hanno chiamato #fiumeinpiena (partenza alle 14,30 da piazza Mancini) si spera sarà una cascata umana che inonderà le strade della città.

Perché quello di questo 16 novembre non sarà il solito corteo: vada come vada, stavolta in quel fiume le acque saranno in grossa parte limpide, non inquinate come ha raccontato la velenosa copertina dell’Espresso di ieri, in quanto contengono tante, tante speranze per la nostra terra, venute a galla finalmente in questi mesi, in queste settimane.

Sono venuti fuori, ad esempio, dei medici, dei medici coraggiosi. Si chiamano Giordano e Marfella, ma ce ne sono tanti, tanti altri. Sono quelli che, insieme ai movimenti, non hanno avuto paura di dire in faccia a un ministro che quelle che diffonde lo Stato sono bugie, che invece la relazione tra tumori e inquinamento esiste, non si può negare.

Sono venute fuori le madri, che hanno regalato alla causa il loro agghiacciante dolore per i propri bambini morti di tumore in quelle zone: ora tutti noi conosciamo i loro volti. E tutti noi non li dimenticheremo. Oggi il corteo è anche per loro.

Sono venuti fuori i preti, come Don Patriciello, capofila di altri. Un prete che si è speso per la causa da uomo di una Chiesa che purtroppo non è uguale ovunque, ma davvero è tra la gente e che non ha vergogna di acquisire nuove consapevolezze, ma che ha il coraggio di dire e fare e anche di ammettere i è propri errori.

Sono venute fuori le parti sane delle forze dell’ordine, quelle che non si lasciano invischiare, che sequestrano campi o procedono a pericolosi rilievi, lavorando con pochi uomini e mezzi, come il generale Costa, che non ha avuto paura di denunciare la propria solitudine e che lo Stato, si vocifera, vorrebbe trasferire altrove.

Sono venute fuori verità scomode, come quei verbali di 15 anni fa di un audizione del pentito Schiavone in Parlamento, che già rivelevano veleni e intrighi anche con parti delle istituzioni, verbali allora secretati ed è venuto fuori che il ministro dell’Interno in quegli anni si chiamava Giorgio Napolitano.

Sono venuti fuori i comitati di lotta, che per anni e anni hanno combattuto con scarso ascolto e senza mai arrendersi e che oggi non sono più soli, scendono in piazza con i movimenti, come quello a cui appartengo, Insorgenza, e con associazioni, gruppi ancora ideologizzati ma attenti al territorio, realta’ civiche, o come i Cittadini campani per un Piano alternativo ai rifiuti, che da tempo hanno fatto della battaglia ambientale la priorità per restuire speranze alla regione.

Sono venuti fuori – e per una volta voglio elogiarla la mia categoria professionale – i giornalisti, tanti colleghe e colleghi coraggiosi, che spendono il loro tempo (e spesso anche il loro denaro) a raccontare quello che succede, come succede, perché succede, giorno dopo giorno, cercando di aiutarci a capire sempre di più e assolvendo al proprio ruolo primario e dimenticato: fare informazione (e formazione) come quelli di Paralleloquarantuno, giornale che qualche volta con mio onore – e credetemi, non accadeva da tanto tanto tempo che considerassi onorevole il mio lavoro – ospita anche me, ma anche i tanti, tantissimi colleghi che magari sui social polemizzano tra loro, si scassano sul dettaglio del giorno, ma poi sono tutti molto più informati su questi temi della maggior parte dei giornalisti del resto del Paese. Senza contare poi, quelli come Marilena Natale o Arnaldo Capezzuto che per raccontare le storie di pentiti o di camorristi, rischiano pure la pelle. Tutti insieme a combattere ma anche a denunciare  il silenzio di quelle testate “omissive” causa editori con interessi in inceneritori e affini…

Ecco, tutto questo per dire che stasera da piazza del Plebiscito, inondata di parole, musica e speranze, il segnale che giungerà dal Sud (arriveranno da Taranto, ma anche da Roma, da Bari e Palermo come dal Nord grazie a tanti nostri emigrati) sarà un segnale di cambiamento, una coscienza civile che cresce, si muove, non intende mollare.
Sarà un fiume e la prima goccia di un popolo che nasce, rinasce, per ridare speranza alla sua terra.


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