';

Rabbia, sangue e morte. Ma non chiamatelo amore. La brutale tragedia di Fabiana
27 Mag 2013 16:50

La morte ha avuto gli occhi del suo amore, gli occhi giovani di un diciassettenne, giovani quelli di Fabiana Liuzzi che solo a giugno avrebbe compiuto sedici anni. È arrivata la morte e con sé ha portato un dolore indicibile.

Prima accoltellata (il numero delle ferite è ancora da accertare con sicurezza, ma sembrerebbero sette), lasciata a morire e poi, (perché di morire Fabiana non ne voleva sapere), bruciata viva (secondo la stessa confessione di Davide), senza curarsi dell’appello di lei a non lasciarla morire, di lei che nel tentativo disperato di salvarsi cercava di strappargli dalle mani la tanica che lui aveva acquistato apposta.

Un rapporto difficile il loro, litigi e, secondo alcuni amici della ragazza, anche botte, quelle di lui, quasi sempre dovute a gelosia, ragion per cui famiglia di lei le aveva proibito di frequentarlo.

Ma l’amore, o presunto tale, è difficile da frenare, tanto più a quindici anni, e così l’anno scorso Fabiana si era allontanata da casa col suo fidanzatino, per essere poi rintracciata dopo qualche giorno a casa di amici a Bologna.

Poi il rapporto fra i due si era interrotto, e solo una settimana fa, si era avuta una ripresa dei contatti. L’incontro quel giorno, dopo la scuola, era stato voluto da lui proprio per parlare della loro storia, ma il dialogo si è presto tramutato in discussione, al rammentare le “scappatelle”, le relazioni che i due avrebbero avuto nel tempo del distacco; forse Fabiana gli ha assestato qualche colpo, come ha riferito lui al pubblico ministero che conduce l’indagine, Maria Vallefuoco, o forse Fabiana con lui non ci voleva tornare e allora occorreva punirla, come si sospetta.

Il resto è un film noto, molto noto, rabbia-sangue-morte; per descriverlo è stato anche coniato un termine dal suono cacofonico, “femminicidio”. Perché le donne in Italia si uccidono, e spesso, secondo il sito Bollettino di guerra solo nel 2012 si contano dai 75 ai 124 casi, a seconda che si considerino o meno le vittime “collaterali”.

E mentre la famiglia Liuzzi si chiude nel suo cupo dolore, a parlare e chiedere giustizia, anche sommaria, è un intero paese.

In tanti si sono recati davanti alla Caserma di Corigliano, urlando «A morte, a morte», tant’è che si è dovuto trasferire Davide al Centro di prima accoglienza di Catanzaro, per evitare conseguenze. Ed analoghe sono le richieste che si possono leggere sui social network, sulla pagina facebook dedicata all’angelo caduto. La violenza perpetrata ai danni di Fabiana si riflette nelle richieste di pena di morte di chi dalla tragedia è rimasto ferito, pur non conoscendola, non mancando neppure chi invita Davide ad “ammazzarsi da solo”.

Un clima talmente infuocato che l’arcivescovo di Rossano-Cariati, Santo Marcianò, ha dovuto lanciare un appello alla «solidarietà, amore, perdono per non far sentire sole le vittime di questa tragedia», perdono, anche per lui.

Intanto il paese dell’alto Jonio cosentino si appresta a manifestare il suo sdegno in un corteo che partirà dall’Istituto scolastico in cui Fabiana frequentava il primo anno, il Luigi Palma, per arrivare fino alla sua casa. Portando tutti un nastro rosso introno al polso, perché rosso è il colore dell’amore, quello salvifico, ma spesso, purtroppo, anche mortifero.


Dalla stessa categoria

Lascia un commento