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“Vi racconto perché è morto mio padre, Rocco Chinnici”
24 Mar 2014 09:23

”Mio padre è morto perché credeva nella legalità”. A dirlo è stata Caterina Chinnici, figlia di Rocco, il magistrato ucciso dalla mafia il 29 luglio del 1983 a Palermo, intervenendo alla Giornata della Memoria e dell’Impegno nel ricordo di tutte le vittime della mafia organizzata dalla Commissione contro la ‘ndrangheta del Consiglio regionale della Calabria, presieduta da Salvatore Magarò.

“La memoria – ha proseguito Caterina Chinnici, magistrato e capo del dipartimento della Giustizia minorile del ministero – è importante perche è il sostegno ad andare avanti, raccogliendo quell’impegno e proseguendo con lo stesso coraggio e la stessa determinazione. Attraverso il suo lavoro, Rocco Chinnici ha cambiato la cultura giuridica, la cultura in generale e forse anche la storia delle regioni del Sud e del nostro Paese”.

“Egli – ha sostenuto il magistrato – capì la pericolosità della mafia, la capacità di ingerirsi in tutti i contesti, di raggiungere il potere economico – finanziario e di costruire quel consenso sociale che derivava dalle condizioni di disagio culturale dell’epoca. Queste prime intuizioni portarono mio padre a comprendere che occorreva mettere in rete e far circolare le informazioni per arrivare ad individuare il sistema. Nacque così l’idea del Pool antimafia per garantire il principio della circolarità delle informazioni, nella consapevolezza che se qualcuno di loro fosse stato ucciso, gli altri colleghi avrebbero proseguito in quel lavoro. Mio padre è morto perché credeva nella legalità. La legalità è ciò che garantisce il rispetto dei diritti di tutti: solo dove c’è legalità ci sono correttezza e trasparenza e si creano opportunità per tutti. Importante fu anche portare fuori dalle aula di giustizia la testimonianza di quell’impegno, coinvolgendo i giovani e le scuole in un’epoca in cui ancora mancava la cultura e la consapevolezza di quello che è la mafia, trasmettendo il valore della legalità quale strumento di libertà, quale strumento per l’esercizio dei propri diritti e della giustizia”.

“Ognuno di noi oggi – ha concluso Caterina Chinnici – deve sentirsi chiamato a fare la propria parte e a dare il proprio contributo per costruire una società migliore, più giusta e più solidale”.


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