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Disoccupazione record e malaffare. Così affonda la Sicilia
04 Apr 2015 07:21

La Sicilia, isola magica e profumata dove il sole inneggia nel cielo bruciando la terra, dove il paesaggio cambia in continuazione: dal mare cristallino alla vegetazione mediterranea, alla straordinaria particolarità delle coste. Luoghi di una bellezza selvaggia e dai colori accesi che ti riempiono l’anima di gioia. E’ la Sicilia di Pirandello, Sciascia, Verga, Quasimodo, Bufalino e di Camilleri. Scrittori che l’amarono, come l’amo io, per il suo fascino e la sua caparbietà ostinata. Come una donna bella da morire e capricciosa. Difficile da conquistare e domare.

Ma è anche una terra forte che lotta contro la criminalità organizzata, le ingiustizie sociali, le oppressioni e l’omertà. Una terra che ha tante voci, ognuna secondo la propria melodia. La voce del silenzio, del dolore, della lotta, dell’umiltà. Voci sempre cariche pronte a difendere questo pezzo di terra sconosciuto nelle sue radici. E’ la Sicilia di Placido Rizzotto, di Spampinato, di Peppino Impastato, di Falcone e Borsellino e di tutti gli agenti della scorta che persero la vita per una causa universale. Rimasti eroi di tutti giorni,  ci insegnano la bellezza della vita e delle nostre radici.

La terra del dolce e dell’amaro. Dolce perché esprime sentimenti, culture, tradizioni diversi tra di loro. Una voglia incredibile di riscatto sociale. Il calore immenso dei suoi abitanti. Amara perché è ancora rinchiusa in se stessa, solitaria, ancorata ad un passato che ha lasciato ferite insanabili. La Sicilia è molte cose tra loro in contrasto. E’ una terra lacerata, con molti problemi. Corruzione, ruberie e malaffare dilagano e la nostra isola è una terra minata.

E’ da molti anni che la corruzione ha inquinato la Sicilia in ogni settore economico, dagli appalti, alla Formazione Professionale (che merita un capitolo a parte), all’editoria, alle società partecipate. Un sistema di corruzione raffinato, organizzato, pensato e tutelato, privo di qualsiasi vigilanza da parte degli organi pubblici.

Spesa eccessiva e corruzione sono figlie dello stesso comportamento, perché solo se la spesa è maggiore di quella che dovrebbe essere si possono ottenere risorse per pagare le “bustarelle”.

Ed è a causa di questo sistema che la Sicilia non è stata protagonista di sviluppo, di ricchezza, di modernità.

Un’isola ferma, dominata da insuperabili patologie sociali. Il gap infrastrutturale siciliano nei confronti dell’Italia è grave e risulta sostanzialmente invariato negli ultimi anni. I temi su cui alzare la voce sono molteplici, a partire dal problema dei rifiuti che implica tanto le modalità di smaltimento, quanto il sistema affaristico-mafioso che vi specula;  lo stato disastroso in cui versa il comparto ittico e agricolo, fondamentale per l’economia siciliana; la vicenda del  MUOS di Niscemi su cui il Presidente Crocetta ha mostrato incapacità e malafede circa la gestione della vicenda; la recente approvazione dello Sblocca Italia, una legge sciagurata che avvierà le trivelle con conseguenze ambientali e affaristiche disastrose e con il parere negativo del governo regionale sulla sospensione delle autorizzazioni; la Formazione Professionale, un settore strategico in cui il governo Crocetta ha mostrato, non l’interesse per lo sviluppo della Sicilia, ma l’interesse dello sviluppo di lobbies di potere.

Oltre settemila dipendenti che vivono una situazione di grave disagio; la Sanità è da quarto mondo, trattata come bancomat elettorale e squassata da scontri di potere; l’istruzione è ai livelli più bassi del Paese e la Sicilia è la prima regione per abbandono e dispersione scolastica; l’immigrazione, da anni sottovalutata e mal gestita, è un fenomeno strutturale che viene considerato un’emergenza e quindi come un elemento provvisorio quando invece dovrebbe essere considerato parte della società siciliana, italiana ed europea; il sistema Sanitario che costituisce un vero paradigma di come le strutture e i servizi vengano “legalmente” piegati ad interessi “privati”, determinando lo sfascio totale del settore; il Lavoro che non c’è: precarietà, insicurezza, mobilità, mancanza di tutele e di opportunità, mancanza di sostegno al reddito. La drammaticità della disoccupazione nell’isola: il 40% dei giovani (1 su 3) non ha un lavoro.

Questa la cruda analisi che mette la classe dirigente politica e questo Governo dell’isola, così come quelli precedenti, sul banco degli imputati, mentre ogni giorno aumentano le cronache sul malaffare. E ogniqualvolta che un caso di corruzione emerge, questa classe dirigente, da cui non abbiamo nulla da imparare, esordisce con la solita affermazione “è un caso isolato”. Perfino la barzelletta sulla fine della “manchiuggia”, proclamata più volte da Crocetta, è una farsa. Basti pensare alle nomine di commissari, dirigenti, collaboratori, amici e parenti all’interno delle partecipate, che sono in perfetta continuità con il passato e con gli ex Governatori. Altro che rivoluzione, altro che “antimafia”!

Insomma, un’amministrazione regionale chiusa, che non costruisce “ponti” ma alza “barriere”. Una delle “colpe” più evidenti che questa amministrazione ed il ceto politico che la compone hanno è quella di avere acuito la frammentazione sociale già piuttosto elevata nella nostra comunità. Una comunità fortemente disorientata, senza guida, e drammaticamente “polverizzata”. E cosa grave è che negli anni la “malagestione” per interessi personali e particolari e la mancanza di lungimiranza e di amore per la Sicilia di chi si è trovato via via nei posti di comando, hanno portato le finanze regionali a livelli insostenibili, continuando a sperperare denari pubblici e contraendo debiti su debiti.

Aspettavamo la Finanziaria regionale per capire in che modo affrontare i numerosi problemi che mortificano i territori della nostra Isola. Ci siamo illusi anche stavolta. La Finanziaria che, dovrebbe essere presentata e approvata entro aprile, naviga in alto mare. Il documento presentato da Crocetta e la sua giunta è stato definito: “irricevibile”, ovvero dal punto di vista tecnico non può essere esaminato. E non è servito a sanare i conti della Sicilia neanche il “supertecnico” Baccei, l’Assessore all’Economia mandato direttamente da Renzi. Da questa Finanziaria, che di fatto non esiste poiché l’unico bilancio al momento esistente è quello su cui poggia l’esercizio provvisorio, non si vede alcuna speranza per il presente e per il futuro. Futuro incerto per circa 24 mila lavoratori forestali, nelle stesse condizioni i 4200 precari dei Consorzi di bonifica e i 22.400 precari degli enti locali. Più di 50.000 siciliani a rischio di perdita del posto di lavoro o a rischio stipendi perché le casse del Governo siciliano sono vuote e perché il Governo nazionale, rappresentato dal Sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone che ad oggi si è solo preoccupato di sistemare amici e parenti nei posti di sottogoverno regionale, quei pochi fondi che avevamo ce li ha tolti.

Che la maggioranza e il Governo Crocetta siano irresponsabili e non abbiano una benché minima idea di come la nostra Isola dovrebbe uscire da questa enorme crisi economica e sociale non avevamo dubbi. E non è nemmeno una sorpresa viste le figure da cui è composta la Giunta. Ma che fossero disposti a mettere a rischio persino il presente dei siciliani non lo avrebbe mai pensato neppure il più scettico, nonostante è ormai chiaro che, a questa classe dirigente politica, del futuro della Sicilia interessava ed interessa ben poco. Altro che “la Sicilia è sull’orlo del dafault”, la Sicila è in default e i responsabili di questo disastro dovrebbero dimettersi tutti. Non ci serve il Commissariamento da parte del Governo nazionale, abbiamo bisogno di ritornare a votare per la Sicilia di Oggi ma anche per quella di Domani.

La Sicilia può essere qualcosa di molto diverso e di molto di più rispetto a questa cruda fotografia. La Sicilia vera è nel sorriso delle persone che ti accolgono come se fossi in famiglia, che ogni giorno trovano un modo per affrontare i problemi con determinazione e convinzione. La vera Sicilia è quella dei giovani che studiano fuori e poi ritornano per costruire, con enorme difficoltà, il loro futuro in questa terra che li ha visti crescere. E’ nei loro volti, nelle loro espressioni, nella loro forza che vivono le idee ed il coraggio di Peppino Impastato che ha lottato non solo contro la mafia ma anche contro l’abitudine, contro l’assuefazione, contro l’omologazione e contro quella “normalità” ingannevole. E’ da questa Sicilia che bisogna ripartire!


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