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Basilicata, champagne con i soldi pubblici. La procura accelera
22 Mag 2013 07:50

Nel giorno in cui il Consiglio regionale della Basilicata torna a riunirsi dopo lo “tsunami” giudiziario sui rimborsi ai consiglieri – che lo scorso 24 aprile ha portato agli arresti domiciliari per due (ex) assessori regionali e del capogruppo del Pdl – sulla politica lucana “piombano” gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari, con cui la Procura di Potenza ha ufficializzato 42 indagati, tra cui i vertici della Regione: il governatore lucano e il presidente dell’assemblea, l’intera giunta regionale (nominata dopo la “bufera”) e gran parte dei consiglieri in carica.

Quella di ieri doveva essere la ripresa dell’attività politica, anche se per pochi mesi, visto che il Consiglio è nei fatti sciolto dopo le dimissioni del presidente della giunta, Vito De Filippo (Pd), e si dovrebbe votare in autunno.

Molti consiglieri, infatti, ieri tornavano a sedersi tra i banchi dell’assemblea dopo le misure cautelari (oltre agli arresti domiciliari il gip di Potenza, Luigi Spina, aveva disposto – e poi revocato alcuni giorni fa – alcuni divieti di dimora e il sequestro delle somme chiesti dai pm Francesco Basentini e Sergio Marotta) e la “gogna mediatica” sui rimborsi chiesti per cene, viaggi all’estero e acquisti personali, e controllati, uno per uno, dai Carabinieri, dalla Polizia e dalla Guardia di Finanza. È stata soprattutto la giornata in cui De Filippo ha spiegato al Consiglio il perché delle sue dimissioni (presentate sempre il 24 aprile, dopo aver preso atto dell’inchiesta, coordinata dal procuratore Laura Triassi, e nominato la nuova giunta dopo le dimissioni degli assessori arrestati).

Per il governatore lucano – indagato ma solo per piccole somme dovute all’acquisto di francobolli – l’inchiesta é stata la “goccia che ha fatto traboccare il vaso”, ed era necessario “dare un taglio netto”, per “trovare forze nuove in grado di rispondere – ha detto in aula – alla crisi economica e della politica”.

Ma, alla fine della seduta del Consiglio, la cronaca giudiziaria ha ripreso il sopravvento: confermando le voci che già circolavano tra i consiglieri proprio mentre si stava svolgendo il dibattito, sono stati consegnati gli avvisi di conclusione delle indagini. L’inchiesta nasce da un lavoro meticoloso sul controllo degli scontrini e delle fatture presentati agli uffici regionali per ottenerne il rimborso, tra il 2010 e il 2011: le forze dell’ordine hanno presentato ai magistrati un quadro che il gip, il 24 aprile, definì “desolante” e “imbarazzante”. Ci sono, nell’inchiesta, diverse posizioni: accanto a quelle minime (piccole somme o fatti singoli, come quelli che riguardano De Filippo e il presidente del Consiglio regionale, Vincenzo Santochirico), spiccano fatture corrette a penna per aumentare il rimborso, vacanze in diversi Paesi europei, scontrini per cene consumate (nella stessa sera) in diversi punti dell’Italia, l’acquisto di cerchi per l’auto o il pagamento degli autolavaggi, parquet rifatti in casa, e pagamenti per la fornitura quotidiana di frutta e verdura.

E ci sono poi “chicche” che, pur non avendo (forse) nulla di illegale, dimostrerebbero, se non uno sperpero, una certa manica larga nell’uso dei soldi pubblici, di cui si sta occupando anche la Corte dei Conti: pasti con carne argentina, vini costosi, champagne, decine di ricariche telefoniche effettuate nello stesso giorno, pasticcini per i compleanni, orsetti acquistati all’autogrill e sigarette.

Nulla di eclatante: non ci sono yacht o diamanti, ma atteggiamenti eticamente discutibili di alcuni (non di tutti) i consiglieri regionali della Basilicata, in un momento in cui la crisi economica massacra molte famiglie lucane, che invece hanno visto i loro rappresentanti “scialare” con i soldi dei contribuenti.

Gli indagati sono il presidente della giunta regionale, Vito De Filippo (Pd), il presidente del Consiglio regionale, Vincenzo Santochirico (Pd), gli assessori Marcello Pittella (Pd), Attilio Martorano (esterno), Nicola Benedetto (Centro democratico), Luca Braia (Pd) e Roberto Falotico (Udc) e i consiglieri in carica Antonio Autilio (Idv), Paolo Castelluccio (Pdl), Giuseppe Dalessandro (Pd), Antonio Di Sanza (Pd), Agatino Mancusi (Udc), Franco Mattia (Pdl), Enrico Mazzeo Cicchetti (gruppo misto), Francesco Mollica (Udc), Michele Napoli (Pdl), Nicola Pagliuca (Pdl), Mariano Pici (Pdl), Erminio Restaino (Pd), Pasquale Robortella (Pd), Luigi Scaglione (Popolari Uniti), Alessandro Singetta (gruppo misto), Gennaro Straziuso (Pd), Mario Venezia (Pdl), Rocco Vita (Psi). Nell’elenco degli indagati ci sono anche gli ex assessori dimissionari dopo i domiciliari dello scorso 24 aprile, Vincenzo Viti (Pd, che si è dimesso anche da consigliere) e Rosa Mastrosimone (Idv, esterno), gli ex assessori Vilma Mazzocco (esterno) ed Antonio Potenza (Popolari Uniti) e gli ex consiglieri Pasquale Di Lorenzo (Pdl), Antonio Flovilla (Udc), Innocenzo Loguercio (Psi), Giacomo Nardiello (Comunisti italiani), Vincenzo Ruggiero (La Destra), Donato Paolo Salvatore (Psi), Antonio Tisci (Pdl). Infine vi sono sei persone senza incarichi politici: Ascanio Emanuele Turco, Donato Santoro, Antonio Sanrocco, Rosa Amoroso, Serena Marino e Francesco Marino.


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