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I cori contro il Napoli fanno parte della “guerra” contro il Sud
14 Ott 2013 10:00

Anzitutto sono cretinismo. Ovvio che poi i cori contro il Napoli e i suoi tifosi negli stadi del Nord siano razzismo.

Maestro il truce leghista Salvini: senti che puzza, fuggono anche i cani, sono arrivati i napoletani. Ora il tema della puzza è aggiornato: sono colerosi, sono terremotati, e col sapone, non si sono mai lavati

Ma tutta questa fogna non mentre gioca il Napoli, bensì in stadi in cui si giocano altre partite. E allora? Campioni soprattutto i tifosi milanisti, che si sono così visti prima chiudere una curva nel loro stadio di San Siro, ora chiudere tutto per una domenica. Se vogliamo, la notizia è anche che per una volta in Italia c’è una sanzione.

Ovvio anche che tutti stiano a banalizzare: ma quale razzismo, al massimo sfottò. Però sempre sul Napoli e sul Sud, chissà perché.

Né sorprende che il governo si coccoli gli ultras: più importanti del Sud.

Magari è ingiusto che ne patiscano il Milan e gli altri tifosi. Ma l’anno scorso un giornalista Rai fu licenziato sempre per un gratuito richiamo al fetore partenopeo in un servizio tv da Torino. E questo mentre il Napoli ha dopo molto tempo una squadra da scudetto. Perciò il solo razzismo non regge, che senso avrebbe mentre in campo non c’è la squadra di Benitez? E allora quei tifosi sono solo, e forse inconsapevolmente, il volto più becero di un sentimento sotterraneo che come un fiume carsico emerge di tanto in tanto nella disunità d’Italia. Di tanto in tanto, anche quando una squadra del Sud osa alzare la testa. E specie se è Napoli: come si permette di smentire il pregiudizio secondo cui è solo città di monnezza e camorra?

Ma Napoli come emblema di tutto il Sud, visto che, proprio dall’unità, quando si parlava dei meridionali si diceva “i napo”. E ancor più in tempo di crisi, prendiamocela anche con i soliti meridionali e continuiamo a danneggiarli, ché comunque colpe ne hanno sempre. Un latente sottile veleno che periodicamente emerge, ora facendosi scudo di un pallone.

Così il dramma della Terra dei Fuochi. E’ la vasta area fra Napoli e Caserta dalle cui viscere salgono fumi e fiamme di reazioni chimiche sprigionate dall’apocalisse dei rifiuti tossici lì sotto depositati. Napoli è stata la vergogna d’Italia, e non solo, quando la spazzatura non raccolta ammorbava le strade. E tutti contro i suoi abitanti “sporcaccioni”, non preoccupandosi di capire perché non c’erano più discariche nella zona a più alta densità umana d’Europa. E sorvolando sulle responsabilità della politica.

Ma era fin troppo chiaro: ogni buco era stato monopolizzato dalla camorra per nasconderci i mortali residui di tutte le pestilenziali produzioni industriali provenienti da quelle stesse regioni del Nord che poi svillaneggiavano i napoletani. E per riabilitare i “napo”, non è bastato Saviano col suo “Gomorra”, anzi lo hanno accusato di esagerare per fare soldi: come si permette di sbattere la verità in faccia ai poteri forti del Paese? Finché ci ha pensato un galantuomo come il boss camorrista pentito Schiavone a confermare tutto, quando mezza Campania è ormai distrutta fra terra appestata e tumori.

Né è mancato il colpo di coda: il giornalista e deputato (Pd) Adinolfi. Il quale ha tacciato di “popolo di m.” quello che ora protesta contro il consueto sprezzante disinteresse nazionale: ma dopo essersi fatto fare di tutto dalla camorra. Come se la camorra fosse solo problema locale, se la vedano loro e non rompano. Adinolfi altra faccia delle curve da stadio.

Sbrigativa aria, come sempre. Un cui segno è anche nella storia del museo Lombroso di Torino, dove i resti di presunti briganti del Sud vorrebbero dimostrare la tesi dello psichiatra veneto-piemontese secondo cui i meridionali sono delinquenti nati.

L’adesione alla campagna perché sia chiuso è molto più alta di quanto non sia stata finora l’attenzione di governi cui fosse a cuore la pacificazione nazionale. Fino a scoprire che il Cesare Villella su cui lo sbugiardato Lombroso basava la sua menzogna, non era un brigante ma un contadino in carcere per uno scambio di persona. Ma a chi importa?

Per completare il quadro, gli ospedali. Solita classifica, con gli ospedali meridionali ai soliti ultimi posti in Italia. Che gli ospedali terroni siano spesso la malattia più che la guarigione, purtroppo si sa. Ma nessuno mai dice come la ripartizione dei fondi nazionali li penalizzi coi loro pazienti. Più soldi dove la popolazione è più anziana (al Nord), non dove è più povera (al Sud): cosicché da un lato è la più esposta alle malattie, dall’altro ha meno mezzi per affrontarla come ne hanno meno i suoi ospedali. E ogni anno con questo criterio peggiora la situazione.

Ora anche Confindustria elimina il Comitato Mezzogiorno, forse non potendo eliminare il Mezzogiorno.

Dicono che non cambia nulla, il Sud non sarà danneggiato: ma allora perché cambiano? Poi ascoltiamo i cori negli stadi e ci vogliono convincere che non sia neanche razzismo.


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