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La griffe evade. Dolce e Gabbana condannati a un anno e otto mesi per evasione fiscale
20 Giu 2013 08:13

Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono stati condannati a un anno e 8 mesi, ma la presunta evasione fiscale da circa un miliardo di euro si riduce a circa 200 milioni, perché per la restante parte arriva l’assoluzione nel merito.

Si è definito così, in primo grado, il processo milanese ai due stilisti, con una conclusione che soddisfa certamente la Procura, anche perché per gli stessi fatti in udienza preliminare era arrivato il proscioglimento, ma in parte anche le difese, che vedono cadere una ‘grossa fetta’ delle contestazioni.

Il giudice della seconda sezione penale, Antonella Brambilla, ha inflitto un anno e 8 mesi ai due fondatori della multinazionale della moda e al loro commercialista, Luciano Patelli, e ha condannato altri 3 manager del gruppo (Cristiana Ruella, Giuseppe Minoni e Alfonso Dolce, fratello di Domenico) a un anno e 4 mesi. Assolto, invece, come chiedeva anche la Procura, Antoine Noella, altro ex manager.

Il giudice ha riconosciuto ai due stilisti e agli altri condannati le attenuanti generiche e anche il beneficio della sospensione condizionale della pena. Secondo le indagini dei pm Laura Pedio e Gaetano Ruta, Dolce (originario di Palermo) e Gabbana (milanese) avrebbero messo in piedi un’operazione di ‘esterovestizione’ che avrebbe portato loro notevoli “risparmi” fiscali: un ‘piano’ realizzato tramite la creazione, avvenuta nel 2004, della Gado, società di diritto lussemburghese che risultava essere la proprietaria di due marchi del gruppo D&G ma che di fatto sarebbe stata gestita in Italia. I pm, che avevano chiesto 2 anni e 6 mesi di reclusione per i due fondatori della ‘maison’ e 3 anni per Patelli, contestavano una presunta evasione fiscale da circa un miliardo di euro in totale e l’avevano descritta come una “frode fiscale sofisticata”, ‘certificata’ da “prove granitiche”.

Ai due stilisti e ad altri imputati venivano imputati due reati, l’omessa dichiarazione dei redditi e la dichiarazione infedele, ma il giudice ha riconosciuto le responsabilità solo per il primo reato che faceva riferimento ad una presunta evasione da 200 milioni di euro sull’imponibile della società Gado. Per il secondo reato (già prescritto) è arrivata, invece, l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”.

Dolce e Gabbana, difesi dai legali Massimo Dinoia e Armando Simbari, tra l’altro, avevano rinunciato a chiedere la prescrizione per questa contestazione perché volevano l’assoluzione nel merito, che è arrivata. In sostanza, è rimasta in piedi l’accusa relativa alla ‘esterovestizione’ della società e della sua presunta gestione, di fatto, in Italia, ma non quella dei presunti 800 milioni di euro non dichiarati al Fisco italiano.

Leggeremo le motivazioni e impugneremo in appello“, ha spiegato, in ogni caso, l’avvocato Dinoia. Mentre gli avvocati Giuseppe Bana e Fabio Cagnola, difensori di Patelli, hanno fatto notare come “la sentenza del tribunale, pur condannando, non ha tuttavia condiviso lo schema di pena, proposto dal pm”. L’Agenzia delle Entrate poi chiedeva una provvisionale di 10 milioni di euro, ma il giudice ha rimodulato la cifra a carico degli stilisti e degli altri condannati in 500mila euro.

Nel 2011, tra l’altro, per Dolce e Gabbana era arrivata l’assoluzione da parte del gup. Poi, però, la Cassazione aveva annullato il proscioglimento dai reati fiscali, confermando invece solo l’assoluzione dall’accusa di truffa. Così un altro gup aveva disposto “la citazione diretta a giudizio” per la presunta evasione e si era arrivati al processo, terminato oggi. Sul fronte tributario, infine, lo scorso marzo, anche in secondo grado, è stata confermata la maxi-sanzione da 343 milioni di euro a carico di Dolce e Gabbana per l’evasione fiscale.


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