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La mamma di Ciro: “Perdono chi ha sparato”
05 Mag 2014 09:44

Dolore e rabbia tra i parenti di Ciro Esposito il tifoso ventinovenne del Napoli ferito sabato a colpi di pistola, da un ultrà della Roma, a poche ore dalla finale di Coppa Italia tra la sua squadra del cuore e la Fiorentina. “E’ un ragazzo eccezionale, un lavoratore – racconta sua madre Antonella Leardi è stato vittima di un agguato. Siamo gente onesta di Scampia e siamo fieri di esserlo”.

La donna però, nonostante l’angoscia, dice di non odiare l’aggressore di suo figlio: “Ha fatto una mostruosità. Nel mio cuore l’ho già perdonato, ma non riesco a capire quello che ha fatto. Siamo fratelli d’Italia che sono queste cose?”.

I genitori, gli zii, gli amici e la fidanzata di Ciro aspettano davanti al pronto soccorso del Gemelli di Roma, il policlinico universitario dove Ciro è ricoverato e sottoposto ad una delicata operazione chirurgica, dopo che già ieri gli era stata rimossa la pallottola che si era conficcata nella colonna vertebrale. Dopo oltre quattro ore in camera operatoria, nel tardo pomeriggio ai familiari arriva la notizia sperata ed esplode la gioia. “L’intervento è andato benissimo, il Signore ha messo la sua mano, è un miracolo”, esultano abbracciandosi tra lacrime di gioia.

“Ieri San Gennaro ha sciolto il sangue – dice lo zio – oggi ha salvato mio nipote”. I parenti descrivono Ciro come “un bravo ragazzo che lavora dalle 8 di mattina alle 8 di sera” in un autolavaggio di famiglia a Scampia, appassionatissimo di calcio. “Non ha mai avuto una denuncia – racconta Ivo, uno zio materno -. Purtroppo il quartiere dove è nato e cresciuto porta una brutta nomea, ma chi è bravo si salva da sé. Le sue passioni sono: il calcio, la fidanzata e i viaggi”.

E proprio la fidanzata, tra tutti i presenti, appare la più scossa. Non vuole parlare ma le lacrime parlano per lei. “Ciro è apprezzato da tutti – dice Susi, un’altra zia –. A Scampia gli vogliono tutti bene, è un gran lavoratore e in vita sua non ha mai sbagliato. Quello che è successo ieri non ha senso”.

I parenti di Ciro sono arrivati ieri da Napoli. La mamma, Antonella, con gli occhi ancora gonfi, racconta: mio figlio “è un ragazzo fantastico, che ama la vita, il Napoli sin da piccolo. Ora i medici gli hanno dato poche speranze – dice mentre il figlio è ancora in camera operatoria e prima di conoscere l’esito positivo dell’intervento – di recuperare la possibilità di muovere le gambe. Sono madre di tre lavoratori, tre ragazzi per bene, non mafiosi. Mio figlio non è un camorrista e non è un rapinatore”. Poi l’appello accorato: “E’ una cosa che non concepisco che questi ragazzi si vadano a uccidere. Devono essere sportivi e uniti”.

Ma nell’attesa davanti all’ospedale romano, volano anche parole dure. Come quelle di Giovanni Esposito, padre di Ciro, che parla degli eventi di ieri puntando il dito: “I soccorsi sono arrivati in ritardo. L’hanno portato all’ospedale dopo un’ora e mezza senza dire niente a nessuno. Se non c’era mio nipote mio figlio moriva a terra. La legge dove sta?”. Ma i parenti chiariscono anche che non è stato “Genny, ‘a carogna”, il capo ultrà del Napoli, il primo a soccorrere Ciro, ma un altro tifoso che gli assomigliava. Da qui l’errore.

Al Policlinico di Roma dove il giovane è giunto in condizioni disperate ieri sera, sono arrivati in segno di solidarietà anche alcuni ultras della Lazio. “Ci hanno accolto a ‘casa loro’, Roma, offrendoci qualsiasi cosa servisse – racconta il fratello di Ciro, Pasquale –. Lo voglio sottolineare perché dicono che Roma e Napoli sono in conflitto e invece gli ultras della Lazio sono venuti e noi li ringraziamo”.


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