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Ecco chi sono gli ultrà, viaggio nella nuova follia antagonista
05 Mag 2014 09:54

La follia scatenatesi prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, con spari, feriti, ammutinamento di tifosi e capipopolo a colloquio con calciatori e dirigenti dell’ordine pubblico ha messo in evidenza facinorosi e teppisti che rappresentano spesso la degenerazione dei movimenti Ultrà, i primi dei quali nati in Italia alla fine degli anni sessanta come sintesi dell’ “hooliganismo anglosassone” e del “movimento della contestazione giovanile”, anche se poi il loro percorso ha subito influenze politiche di ogni genere.

Secondo uno studio di qualche tempo fa dell’intelligence, nell’Italia del dopoguerra, infatti, il tifo organizzato era rappresentato esclusivamente da club di supporter che si formavano nei quartieri periferici o nelle cittadine vicine alle metropoli.

Negli anni Sessanta, invece, nascono i primi gruppi di “Fedelissimi” che si aggregano in modo da garantire una consistente presenza di tifosi durante le trasferte della squadra. Con l’avvento, poi, della Coppa dei Campioni, i cosiddetti “ragazzi delle curve” entrano in contatto con le tifoserie anglosassoni, rimanendo affascinati dal tifo inglese.
Nascono cosi’ vari tentativi di emulazione.

Il primo gruppo di Ultras italiano è la “Fossa dei Leoni” del Milan, che nasce nel 1969 e occupa il settore dei popolari alla Rampa 17 dello stadio di San Siro. Tra il 1970 e il 1975 il numero dei gruppi di tifosi riferibili all’universo Ultrà cresce in modo esponenziale e il “bisogno d’ identificazione” li proietta verso un’altra realtà: quella dei gruppi extraparlamentari (sia di destra che di sinistra).

In questo quinquennio vedono i natali gli Ultras Cucchiaroni della Sampdoria (i primi ad assumere il nome di Ultrà), i Boys dell’Inter, le Brigate Gialloblù del Verona, i Viola Club Vieusseux della Fiorentina, gli Ultrà del Napoli, le Brigate Rossonere del Milan, la Fossa dei Grifoni del Genoa, gli Ultrà Granata del Torino, i Fighters della Juventus, le Brigate Neroazzurre dell’Atalanta, gli Eagles’ Supporters della Lazio e il Comando Ultrà Curva Sud (CUCS) della Roma.

Inizialmente il fenomeno Ultrà è circoscritto agli stadi del Nord e coinvolge unicamente le squadre della massima divisione. Nei decenni successivi si diffonde anche nel meridione e tra le tifoserie delle serie inferiori.

Oggi la stima più attendibile porta a ritenere che in Italia sono circa 300 i gruppi di tifosi che si richiamano in modo chiaro e diretto al “modello Ultrà”, distribuiti su tutto il territorio nazionale.

Coloro che aderiscono alle associazioni Ultrà – dice lo studio – dovrebbero essere circa 60.000 (pari al 10-15% delle persone che frequentano regolarmente gli impianti sportivi).

Alcuni gruppi sono composti da più di 3.000 associati, altri, soprattutto quelli che sostengono squadre delle serie inferiori, non superano le 30 unità. Una stessa società, inoltre, può avere gruppi diversi di matrice opposta.

La scelta del nome del gruppo Ultrà deriva prevalentemente dai due tradizionali modelli di riferimento: quelli che si richiamano agli Hooligans (Eagles, Supporters, Boys, Mods, Viking, Figthers, Rangers, Old Lions, ecc.) e quelli che si riconducono alle sigle di gruppi eversivi o terroristici presenti nel nostro Paese dagli anni settanta (Brigate, Commandos, Falange, Squadre d’Azione, Armata, Fedayn, Avanguardia, ecc.).

Non mancano comunque nomi di fantasia e richiami surreali e distorsioni semantico-linguistiche: abbondano, infatti, gruppi come gli “Sconvolts” oppure i “Mortal Combat”.


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