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Morire di lavoro nella fabbrica dei fuochi
27 Lug 2013 09:23

Tre esplosioni, una dietro l’altra, a distanza di alcuni minuti: è la devastazione. Una fabbrica sventrata, fiamme altissime, una collina mezzo bruciata e che pare bombardata, abitazioni danneggiate, pali della luce piegati. E poi le vittime, non si sa ancora quante: di sicuro è morto un ragazzo di 22 anni e ci sono tre dispersi.

cinque feriti, ricoverati tra gli ospedali di Pescara e di Penne: due di loro, un vigile del fuoco di 47 anni, e un adolescente, di 17 anni, sono gravi, in prognosi riservata. Sono da poco passate le 10 di venerdì mattina quando scoppia lo stabilimento di fuochi artificiali “Di Giacomo” in località Villa Cipressi di Città Sant’Angelo, in provincia di Pescara. Una tremenda deflagrazione: l’azienda che salta in aria, massi e pezzi di muri che, a seguito dell’onda d’urto, vengono scaraventati lontano epe centinaia di metri, colpendo case ed automezzi. Intorno trema tutto. Il boato viene avvertito anche nei paesi vicini: si pensa, dapprincipio, ad una scossa di terremoto. Invece la realtà è un’altra.

C‘è una fabbrica, di 25 mila metri quadrati, mezzo demolita: era tra le più note e importanti del centro sud Italia per la produzione di fuochi pirotecnici ed era anche un deposito giudiziario, dove quindi veniva convogliato il materiale sequestrato. E ci sono vite spezzate.

Sul posto, allertati dopo il primo botto, arrivano i vigili del fuoco, che chiamano i soccorsi perché “c’è qualcuno che manca all’appello”. Sono quelli della famiglia Di Giacomo, i titolari. Tra cumuli di macerie, scattano le ricerche. Ecco gli elicotteri e un Canadair, che lavoreranno ininterrottamente fino a sera, per spegnere i roghi scatenati, anche a distanza, tra la vegetazione e i terreni a sterpaglie, dalla tempesta di detriti e lapilli. “Fiamme, e poi era tutto nero, tutto bruciato: questo ho trovato”, afferma Emanuele Cherubini, responsabile del 118 di Pescara.

Lui è stato tra i primi a precipitarsi sui luoghi del disastro, con l’elisoccorso, per prestare aiuto. “Una scena di guerra. Sembrava l’inferno – dice in un racconto smozzicato -. Ho pensato che non fosse molto sicuro. Ho visto un giovane avvicinarsi, scendere verso la fabbrica: era Alessio Di Giacomo, era con lo zio. Tutt’e due andavano di corsa: volevano rendersi conto da vicino che fosse accaduto. ‘Non passare da quella parte’: ho urlato al ragazzo. E lui, di rimando: ‘Ma ci sono i vigili al lavoro, non ti preoccupare’. Invece in quel momento c’è stato il secondo scoppio, violentissimo. Sono stato tramortito – prosegue -. Un tonfo, e per alcuni attimi non ho capito più nulla. Solo buio. E quando sono tornato in me, ho sentito lamenti e urla”.

Alcuni vigili del fuoco erano sanguinanti. “Ce n’era uno in particolare, aveva lesioni gravi e fratture. Era malconcio. L’abbiamo portato in ospedale. So che più tardi l’avrebbero operato”. Quando torna in zona lo vede. “Il ragazzo di prima, quello a cui avevo suggerito di essere prudente, era morto. Era dilaniato. L’ho riconosciuto quando stavo chiudendo la sacca usata per il recupero delle salme…”, conclude sconvolto. Pericoloso restare, potrebbero esserci ulteriori scoppi: vengono tutti allontanati. Ma chi c’era dentro? “Mauro Di Giacomo, il titolare dello stabilimento, padre di Alessio. E poi il fratello, Federico e Roberto Di Giacomo… “. Una lista di nomi. “Una famiglia cancellata”.

E intanto si verifica la terza esplosione. La zona viene isolata, circoscritta per diversi chilometri, messa sotto sequestro. Anche perché – fanno presente gli artificieri – all’interno della fabbrica c’è ancora una montagna di polvere pirica, probabilmente due quintali. Impossibile avvicinarsi. “Occorreranno diversi giorni per la bonifica”, spiega il prefetto Vincenzo D’Antuono, nel corso di una rapida ispezione -. Era un’impresa serissima, con un’esperienza trentennale, e in regola a livello di sicurezza”. Tutta l’area viene transennata. Ore lunghissime di attesa: decine di verifiche, da parte di polizia, carabinieri, forestale. Tanti i volontari, che allestiscono anche un ospedale da campo. Ma dentro la struttura esplosa non si entra: vietato l’accesso persino ai Ris, pronti a mettersi all’opera. All’imbrunire le ricerche vengono sospese.

Sono riprese stamattina. Sul posto anche il procuratore aggiunto di Pescara, Cristina Tedeschini, e il pm Anna Lisa Giusti.

“Abbiamo aperto un fascicolo, a carico di ignoti, per disastro colposo e omicidio plurimo colposo”. A mano a mano le speranze di trovare sopravvissuti sotto le rovine si allontanano: diventa remota anche l’ipotesi che si siano rifugiati nel bunker sottoterra. “Ero a letto – riferisce Geremia Ferri, che abita a mezzo chilometro dalla fabbrica di esplodenti – e, all’improvviso, la finestra e la porta sono crollate. Avevamo appena ristrutturato: sabato mia figlia si sposa e doveva venire ad abitare qui. Adesso l’appartamento è inagibile”.


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