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Euro 2020, l’Italia di Mancini (e Vialli) gemelli del gol
27 Giu 2021 10:44

di Oscar Buonamano

Dalla metà degli anni Ottanta e fino agli Novanta sono stati i Gemelli del gol. Dicevi Mancini e pensavi a Vialli, dicevi Vialli e pensavi a Mancini. Certo nel decennio precedente c’erano stati Pulici e Graziani che vinsero lo scudetto con il Torino di Gigi Radice, ma i ragazzi blucerchiati del presidente della Sampdoria, Paolo Mantovani, con le loro vittorie e la bellezza della loro gioventù resteranno per sempre i Gemelli del gol.

La partita Italia-Austria è durata novantacinque minuti e dopo un breve riposo è iniziato il primo tempo supplementare. Correva il minuto numero cinque quando Spinazzola, ancora una volta premiato dall’EUFA come miglior calciatore in campo, serve Federico Chiesa che si fa trovare pronto sul versante destro dell’attacco italiano. Dopo uno stop acrobatico e un notevole gioco di gambe, l’esterno azzurro segna la rete del vantaggio. 

Ed è qui che bisogna fare un applauso grande, grandissimo, all’operatore che è riuscito ad immortalare l’immagine più bella di questo Campionato europeo di calcio.

Come se il tempo non fosse passato. Come quando giocavano e vincevano sui campi di calcio di tutta l’Italia. Come quando erano giovani, belli e amati da tutti. I Gemelli del gol ci fanno rivivere una scena alla quale abbiamo assistito tante volte.

Gianluca Vialli cerca Roberto Mancini e gli va incontro con le braccia allargate. Il Mancio cerca il suo numero nove e gli va incontro con le braccia allargate. Per un attimo il tempo è come sospeso. Un fermo immagine poco prima dell’abbraccio li ritrae sorridenti e felice proprio come quando segnavano con la maglia della Sampdoria e vincevano lo scudetto a Genova.

La posa è plastica. I loro corpi sono in tensione. Si guardano negli occhi e si abbracciano forte e a lungo.

Ho pianto di gioia. Penso lo abbiano fatto in molti ieri sera,

Mi sono tornate in mente le immagini di quando giocavano e segnavano ed erano felici.

Nell’immagine di ieri sera c’era la stessa carica agonistica, la stessa vigoria fisica. La stessa determinazione che li ha portati ad essere tra i migliori calciatori italiani di sempre.

C’era la cosa più importante di tutte: l’amicizia. La fratellanza.

Ecco cosa è capace di evocare una partita di calcio. Cosa è capace di evocare un gol.

L’indimenticato Luciano De Crescenzo fa dire al poeta in Così parlò Bellavista, «San Gennaro mio, non ti crucciare, lo sai che ti voglio bene. Ma na finta ’e Maradona scioglie ’o sanghe dind’e vene… E chest’è!».

La forza evocativa delle parole e dei gesti.

Mi verrebbe da pensare che anche ieri i calciatori italiani non si sono inginocchiati prima del fischio d’inizio della partita e a quanto sarebbe stato importante quel semplice gesto per tanti ragazzi e ragazze che si stanno esaltando per le loro vittorie.

Ma non voglio rovinarmi la gioia che mi ha procurato l’abbraccio tra Vialli e Mancini perché in quell’abbraccio ci sono tante cose. C’è la vita che continua e che va avanti.


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