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La lezione del voto in Austria: la sinistra perde se fa la destra
07 Mag 2016 08:35

Quando la sinistra imita la destra finisce che «gli elettori preferiscono l’originale alla fotocopia». È questa la lezione da trarre dall’exploit dell’estrema destra alle elezioni presidenziali austriache, secondo Gianni Pittella. Il presidente del Gruppo dei Socialisti e Democratici ha risposto a L’Unità da Berlino dove sta incontrando figure di spicco della Spd per consolidare il consenso sulla proposta italiana sull’immigrazione.

Qual è la sua valutazione del risultato delle presidenziali austriache di domenica?

«È un risultato sicuramente doloroso, ma non sorprendente. Purtroppo non è la prima volta che le forze xenofobe e anti europee si affermano in alcuni Paesi. Ed è un risultato che dimostra che quando si cerca di rincorrere queste forze sul loro terreno, rinunciando a difendere i propri valori, gli elettori preferiscono l’originale alla fotocopia. La chiusura del valico del Brennero con la barriera anti migranti è stata una decisione scellerata presa da un Governo a guida socialista. È stato un tentativo improvvido di inseguire sulla strada del populismo e della demagogia la destra più oltranzista e si è dimostrato che poi gli elettori votano l’originale, cioè la destra, non chi cambia posizione. La posizione dei socialisti non può essere quella di alzare i muri, ma è quella di costruire ponti».

Obama ha invece elogiato la politica sui rifugiati della Cancelliera Angela Merkel dicendo che è «dalla parte giusta della storia»…

«E io aggiungo, Merkel è stata dalla parte giusta della storia e adesso completi l’opera dicendo di sì senza remore e senza esitazioni alla proposta italiana di Migration Compact, che è una proposta lungimirante, efficace e comprensiva di tutti gli strumenti che servono per affrontare le migrazioni provenienti dall’Africa. L’accordo fatto con la Turchia, pur con tutti i suoi  limiti che noi abbiamo evidenziato, può essere un passo utile, ma non è sicuramente sufficiente. È necessario approvare il piano proposto da Renzi e metterlo in pratica velocemente per evitare che vi sia un afflusso non governato sulla rotta del Mediterraneo».

Su questo qual è la situazione a Berlino?

«Io ho già incontrato la commissione Esteri della Spd, presieduta dal presidente Schulz, ho incontrato il bureau del gruppo parlamentare socialdemocratico presieduto da Thomas Oppermann e domani (oggi, ndr) incontro Sigmar Gabriel e Frank-Walter Steinmeier. Mi pare che ci sia una convergenza molto larga, sicuramente larghissima tra i socialdemocratici, sia sulla proposta italiana di governo dell’immigrazione, sia su una maggiore flessibilità di bilancio».

Anche sugli eurobond?

«La filosofia che anima la proposta italiana è quella di finanziare progetti di sviluppo in Africa per ridurre l’esodo delle giovani generazioni. Si tratta di persone che vorrebbero rimanere in Africa e che non lo possono fare perché non c’è lo sviluppo adeguato. Se si interviene consistentemente nei Paesi africani serve una posta finanziaria che sia dignitosa, perché attualmente si è dato 6 miliardi alla Turchia e 1,8 miliardi all’Africa. Questo non è decente. È una sproporzione inaccettabile. Gli eurobond servono per condividere il peso e la responsabilità finanziaria di questo investimento per l’Africa. I socialdemocratici tedeschi non mi pare che abbiano una posizione ostile. Da quello che ho sentito finora, e ne parlerò domani con Gabriel e Steinmeier, non ho ascoltato posizioni negative sugli eurobond. Però aggiunto, se non è quello lo strumento che ce ne sia un altro. La cosa che non può succedere è che per una sorta di idiosincrasia verso gli eurobond, quasi fossero l’incubo notturno dei tedeschi, si dica di no ad una proposta seria, che è quella di mettere in sicurezza e stabilizzare l’Africa, di avviare e costruire una vera politica europea per l’Africa».

Anche tra gli altri Paesi europei c’è consenso sulla proposta?

«Su questo mi pare che anche l’Est europeo non faccia obiezioni di sorta. Renzi ha avuto l’intelligenza di mettere sul piatto una proposta che riesce ad assicurarsi anche il loro consenso. Ovviamente tutto questo ragionamento non annulla la necessità inderogabile di rivedere il regolamento di Dublino. La sua riforma è una tappa fondamentale. Rivedere la regola per cui il Paese di primo approdo si assume tutte le responsabilità per noi è una necessità politica su cui chiamiamo la Commissione europea a dare una risposta il più presto possibile».


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