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La rabbia di Muti: “gli italiani nemici di loro stessi”
09 Lug 2013 15:00

Con un lungo prologo, più volte interrotto da applausi scroscianti, in cui il direttore d’orchestra Riccardo Muti ha anche toccato l’attualità e non ha dimenticato l’ironia, si è aperta la lezione-concerto sul Nabucco tenuta ieri sera al Teatro dell’Opera di Roma, davanti a duemila persone fra i quali soprattutto studenti provenienti dalle università e i conservatori.

“Riconquistiamo l’aristocrazia della nostra musica di cui Verdi è il massimo rappresentante e i signori del governo dovrebbero rendersi conto che la cultura, anche economicamente, può essere importantissima – ha detto Muti -. Non lasciamo che i ragazzi non possano più andare a teatro e che gli studenti dei conservatori dopo aver lavorato dieci anni per sé non sappiano cosa farne”.

Il direttore d’orchestra, che porterà in scena il Nabucco al Teatro dell’Opera dal 16 al 23 luglio, ha aggiunto: “Io dico queste cose dagli anni ’60 e spero che prima di vedere l’erba dal di sotto questo sogno si realizzi”.

Per Muti noi italiani “siamo nemici di noi stessi, ecco perché abbiamo tanti problemi da risolvere. Speriamo che tutti insieme con l’aiuto di chi ci guida facciamo sì che la nostra cultura splenda nel mondo”. Il maestro durante l’incontro, durato poco meno di due ore, ha eseguito al piano varie arie dall’opera, cantate fra gli altri da Luca Salsi (Nabucco), Riccardo Zanellato (Zaccaria) e Sonia Ganassi (Fenena).

Momenti musicali alternati ai racconti del direttore d’orchestra che ha anche spiegato, scatenando risate e applausi, perché secondo lui il ‘Va pensiero’ non può diventare inno nazionale: “Verdi raccomandava che fosse cantato in modo lento e grave, ve lo immaginate la Nazionale che sta per quattro minuti a cantarlo a capo chino? Pensate a Totti…”. Muti ha rievocato la genesi del Nabucco, “che Verdi considerava la sua prima grande opera”, per quanto fosse arrivata dopo un suo momento di profonda crisi, dovuta alla morte della moglie e dei figli e all’insuccesso di ‘Un giorno di regno’. A convincerlo a scriverla erano stati proprio i versi sul libretto del ‘Va pensiero’: “Non è vero però che dall’inizio fu visto come un inno di rivolta contro gli austriaci – ha spiegato -. Lo è diventato con il tempo. Nel senso di nostalgia che evoca si riconoscono tutti in tutto il mondo”.

Tuttavia nell’incontro Muti non lo ha incluso nelle arie al pianoforte: “Lasciamo la sorpresa”, ha scherzato. Il direttore d’orchestra ha anche ricordato l’importanza per la cultura italiana e per le nostra musica delle bande musicali, “anni fa ho fatto un appello proprio perché venissero salvaguardate”. E ha raccontato della volta in cui dovendo eseguire un’aria del Nabucco con una banda i musicisti gli dissero: “Non si preoccupi maestro, lei muova le braccia e al resto pensiamo noi”. Per Muti vedere il Teatro dell’Opera pieno di ragazzi ha rappresentato “una soddisfazione per me e per tutti quelli come me che da sempre si battono per far conoscere la musica. Quando dicono che i più giovani non sono interessati e una pura menzogna”.


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