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Scardinare il lavoro nero (e da schiavi) nelle campagne di Foggia
24 Mag 2014 08:39

Eccola la Foggia che conosco. Trentuno gradi di caldo secco e un sole che al primo pomeriggio devi solo schivare.
Ad accoglierci è questo primo scampolo di estate.

In Prefettura. A presiedere è ancora il Prefetto Latella, una donna che ha attraversato tutte le frontiere più incandescenti del mezzogiorno, affinando una profonda sensibilità umana e sociale. E’ il nostro migliore alleato. Un riferimento fondamentale per la comunità.

Si insedia la task force per il contrasto al lavoro irregolare. Organismo ufficiale che raccoglie tutte le forze dell’ordine, la direzione antimafia ma anche gli enti di controllo, dall’Ispettorato del lavoro all’Inps.

Attorno al tavolo c’è una delle chiavi della nostra sfida: scardinare la tolleranza verso il nero, disintegrare la convinzione che in fondo è solo un po’ di evasione fiscale.
No, è sfruttamento, in alcuni casi schiavismo, un segmento dell’economia criminale, il pilastro portante dell’agricoltura di rapina che impedisce all’agricoltura sana di competere sulla qualità.

Il messaggio che lanciamo è chiaro: dobbiamo estirpare questa malapianta.

Non è facile, quando l’illegalità è una regola diffusa.

Che significa?
Ecco.

La Capitanata ha 15.000 ettari coltivati a pomodoro da industria. Bene: su 26.000 imprese agricole solo 8.000 denunciano lavoro regolare.
Ottimizzare gli interventi, rompere ogni forma di collusione “ambientale” e agire su quelli che non dichiarano nulla (piuttosto che accanirsi sugli altri!!!) è la missione.
Faremo un coordinamento operativo, raccoglieremo le informazioni sul territorio, sosterremo quest’azione di contrasto mirato.

Il messaggio è raccolto, l’adesione è unanime. Le istituzioni hanno una sfida molto chiara ora: dimostrare che insieme sanno far valere le regole. E le regole sono due: primo, i lavoratori si prendono dalle liste, e non dai caporali, secondo i lavoratori si pagano secondo contratto e non a nero.

Secondo incontro. Matching tra le associazioni delle imprese agricole e sindacati.

Il contrasto al lavoro nero può funzionare ma solo se rendiamo la legalità sostenibile e conveniente.
Effettivamente, non sulla carta.

Perché il punto è questo: lo scollamento tra le regole e la realtà.
Noi ci accaniamo sulle regole, i caporali agiscono nella realtà.
L’illegalità funziona, la legalità deve ancora mostrare di funzionare.
Ecco la questione.

Il pomodoro viene venduto dal produttore a 10 centesimi al chilo. A nero, col cottimo, pagano gli “schiavi” 1 centesimo a chilo. Alla fine della giornata, dopo sedici ore di lavoro, al bracciante rimangono 2-3 euro in tasca, al netto del taglieggiamento del caporale.

Uno scandalo insostenibile.
Lì dobbiamo agire.

Primo strumento riempire le liste di prenotazione, in modo agile ed efficiente, e favorire il reclutamento da queste da parte delle imprese.
Le liste al posto dei caporali.

Se riusciamo in questo travaso la sfida del Ghetto, e di tutti gli altri Ghetti, è vinta.
Disponibilità dell’Agenzia per l’Impiego, riunione operativa prossima per snellire procedure e tempi.

Poi lavoriamo sul sostegno alle imprese. 300 euro regionali per le aziende che assumono un lavoratore per almeno 20 giorni significano almeno il 30% dei costi ammortizzati. Non poco. Nemmeno tutto.

La svolta accade quando un datoriale dice ai suoi colleghi: “gli incentivi della Regione possono essere utili all’inizio, ma non sono la soluzione. La soluzione è nello scatto culturale, nel cambio di mentalità, nel modo di fare impresa”.

Illuminante. In quel momento ho capito una cosa: che il territorio è pronto al cambiamento, che il tempo è maturo.
Questo medioevo non lo sopportiamo più.

Prendere questa Capitanata e farla diventare la patria del pomodoro di eccellenza, di qualità ed “etico”, tra i migliori del paese, non è un obiettivo utopico ma possibile.

Lavoreremo per rafforzare il sistema degli incentivi. Per rendere la legalità ancora più conveniente. Buone idee emergono, i ruoli si sono sciolti, ora si lavora tutti per lo stesso obiettivo. Non sembrano più controparti ma si spinge insieme. Finalmente.

Usciamo mentre il sole cala con la sua solita indolenza estiva.

Sulla via del ritorno si affollano i pensieri per cercare di capire cosa si sta mettendo in moto, che dinamiche stiamo innescando in questa avventura epica.
Siamo partiti dalla smobilitazione del Ghetto e stiamo giungendo a una sfida di innovazione sociale ed economica per tutto il territorio.
Dai migranti siamo arrivati alla Capitanata, anzi alla Puglia.

Erano un problema da risolvere, ora sono diventati una preziosa risorsa per il cambiamento.

Insomma, non lo facciamo solo per loro, ma anche per noi.

Per noi e per loro.

Ecco la regola: l’azione per il cambiamento ti spiazza. Non sai mai dove ti può condurre. Proprio come la vita.


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