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Serve un fondo unico europeo per aiutare gli under 25 del Sud a trovare lavoro
01 Lug 2013 16:10

Il 5 Dicembre 2012, la Commissione Europea ha annunciato l’adozione di un pacchetto di misure per l’occupazione giovanile.

All’interno di questo pacchetto, vi è una proposta di raccomandazione al Consiglio Europeo per stabilire una “Youth Guarantee” (cioè, una Garanzia Giovani). Il 16 gennaio 2013, il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione per chiedere l’adozione della Youth Guarantee. Infine, le finalità di tale programma sono state ribadite nella Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 22 aprile 2013.

La Youth Guarantee rientra nell’iniziativa Youth on the Move, a sua volta parte della strategia Europa 2020.

Nell’ambito di tali progetti, la Commissione Europea sosterrà i programmi nazionali attraverso i finanziamenti europei, in particolare, dedicando a questa priorità la programmazione 2014-2020 dei Fondi strutturali e la coda dell’attuale periodo di programmazione 2007-2013.

Tale programma è destinato ai Paesi con il tasso di disoccupazione giovanile superiore al 25% (come l’Italia, il cui taso di disoccupazione under 25 anni e pari al 40,5%) ed ha inizialmente goduto di una dotazione finanziaria di complessivi 6 miliardi di euro, da utilizzare durante l’arco temporale 2014-2020 (per l’Italia circa 400 milioni di euro).

In ultimo, il Consiglio Europeo del 27 giugno 2013 ha elevato la dotazione finanziaria ad 8 miliardi di euro, elevando la quota per l’Italia ad 1,5 miliardi di euro, concentrando l’arco temporale del loro utilizzo al solo biennio 2014-2015

In estrema sintesi, la Youth Guarantee è il nuovo piano europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile e consiste nella realizzazione di un programma specificamente dedicato ai giovani europei senza lavoro, mediante percorsi personalizzati capaci di offrire una reale occasione lavorativa.

Ogni Stato membro della UE deve impegnarsi a garantire ai giovani con meno di 25 anni (per l’Italia l’asticella anagrafica potrebbe essere alzata a 29-30 anni), entro 4 mesi dal termine degli studi o dalla perdita di un impiego, un’offerta qualitativamente valida di lavoro, di proseguimento degli studi, di apprendistato, o di tirocinio.

Un ruolo centrale in questa operazione è affidata ai servizi per l’impiego che dovranno offrire una concreta proposta di lavoro o un’esperienza di formazione o di tirocinio. Infatti, la citata raccomandazione, indicando programmi necessari per rendere effettiva la Youth Guarantee, assegna ai servizi all’impiego il coordinamento delle attività da assegnare congiuntamente alle Istituzioni formative ed al mondo del lavoro. 

Nelle intenzioni della Commissione Europea, la Youth Guarantee non deve trasformarsi in un parcheggio durante il quale viene svolto un corso di formazione professionale autoreferenziale e privo di sbocchi occupazionali, ma deve essere un percorso definito che immette il giovane in una prospettiva di lavoro.

Nei Paesi UE dove già esiste (Svezia, Finlandia, Germania, Austria, Olanda e Polonia), il programma ha prodotto risultati interessanti, anche se attualmente esso risulta essere duramente messo in difficoltà dall’aumento vertiginoso della domanda di interventi causato dalla crisi.

Uno dei principali vantaggi del programma in questione è la sua capacità di realizzare i suoi risultati, ricorrendo ad un ammontare di risorse relativamente esiguo. Come poc’anzi detto, secondo le stime della Commissione Europea, la Youth Guarantee avrà un costo di circa € 8 miliardi di euro. Questa cifra potrebbe sembrare enorme, ma deve tenersi conto che essa è molto inferiore al costo necessario per tutelare la medesima platea di persone interessate dall’intervento comunitario. Infatti, secondo Eurofound, la disoccupazione giovanile in Europa costa annualmente circa € 150 miliardi di euro, tenendo conto dell’ammontare complessivo dei sussidi, del mancato gettito fiscale e dei mancati guadagni.

Purtroppo, in Italia, a differenza del resto d’Europa, non esiste un quadro normativo di riferimento, né relativamente alle politiche attive del lavoro, né, tanto meno, per quanto concerne l’acceso ai sussidi di disoccupazione, essendone i giovani sostanzialmente esclusi. Infatti, il nostro ordinamento non ha mai previsto alcun ammortizzatore sociale per coloro che non hanno mai lavorato, o hanno una bassa anzianità di lavoro, ovvero hanno usufruito soltanto di contratti di breve durata o forme di collaborazione. Neanche l’introduzione dell’ASPI da parte della Legge n. 92/2012 (c.d.”Riforma Fornero”) ha mutato la situazione. Inoltre, in Italia, i lunghi periodi di disoccupazione generano ulteriori effetti negativi sul calcolo pensionistico, in quanto vengono a mancare anche i contributi figurativi.

L’obiettivo previsto dalla Youth Guarantee è molto ambizioso ed, al contempo, difficile da perseguire. Infatti, come già accennato, nelle intenzioni del Consiglio Europeo, ai servizi per l’impiego (pubblici e privati accreditati) è assegnato il ruolo d’interfaccia e di coordinamento con le istituzioni formative e il mondo del lavoro.

Infatti, gran parte delle risorse assegnate dovranno essere impiegate per rafforzare i servizi per l’impiego, mediante un piano che il Governo intende rendere operativo entro il mese di ottobre di quest’anno, per, poi, avviare il progetto in questione a gennaio 2014.

Giunti a questo punto, corre d’obbligo domandarsi come possano i Centri per l’impiego italiani collocare il cento per cento dei giovani disoccupati, dato che attualmente essi riescono a trovare un lavoro soltanto al 2,7% dei giovani.

Nella consapevolezza di questa limitata capacità operativa ed in considerazione della necessità di dare tempestiva ed efficace attuazione, a decorrere dal 1° gennaio 2014, alla Youth Guarantee, l’art. 5 del D.L. n. 76/2013 (c.d. “Pacchetto Lavoro”), ha previsto l’istituzione di un’apposita struttura sperimentale di missione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la quale svolgerà i suoi compiti nell’attesa della definizione del processo di riordino sul territorio nazionale dei servizi per l’impiego e che cesserà, comunque, di esistere alla data del 31 dicembre 2015.

Al fine di realizzare le attività ad essa assegnate, tale struttura dovrà:

a)   interagire con i diversi livelli di Governo preposti alla realizzazione delle relative politiche occupazionali, nel rispetto dei principi di leale collaborazione;

b)   definire le linee-guida nazionali, da adottarsi anche a livello locale, per la programmazione degli interventi di politica attiva mirati al perseguimento delle finalità della Youth Guarantee;

c)    individuare i criteri per l’utilizzo delle relative risorse economiche;

d)   promuovere, indirizzare e coordinare gli interventi di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di Italia Lavoro S.p.A. e dell’ISFOL;

e)    individuare le migliori prassi, promuovendone la diffusione e l’adozione fra i diversi soggetti operanti per realizzazione dei medesimi obiettivi;

f)     promuovere la stipula di convenzioni e accordi con istituzioni pubbliche, enti e associazioni privati per implementare e rafforzare, in una logica sinergica ed integrata, le diverse azioni;

g)   valutare gli interventi e le attività espletate in termini di efficacia ed efficienza e di impatto e definisce meccanismi di premialità in funzione dei risultati conseguiti dai vari soggetti;

h)    proporre ogni opportuna iniziativa, anche progettuale, per integrare i diversi sistemi informativi ai fini del miglior utilizzo dei dati in funzione dei propri obiettivi, definendo a tal fine linee-guida per la banca dati delle politiche attive e passive prevista dall’art. 8 del D.L. n. 76/2013;

i)     predisporre periodicamente rapporti per il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in esito al monitoraggio degli interventi, avanzando anche proposte di miglioramento dell’azione amministrativa.

Siffatta struttura di missione è composta da:

il Segretario Generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali o da un Dirigente Generale a tal fine designato, con il ruolo di coordinatore;

  1. il Presidente dell’ISFOL;
  2. il Presidente di Italia Lavoro S.p.A.;
  3. il Direttore Generale dell’INPS;
  4. i Dirigenti delle Direzioni Generali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali  aventi competenza nelle materie di oggetto della struttura di missione;
  5. tre rappresentanti designati dalla Conferenza Stato-Regioni;
  6. due rappresentanti designati dall’Unione Province Italiane;
  7. un rappresentante designato dall’Unione italiana delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura.

La partecipazione alla struttura di missione non darà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti o indennità di alcun tipo, ma soltanto al rimborso di eventuali e documentate spese di missione.

Non possono non rilevarsi le difficoltà operative che attendono tale struttura, dato che l’incertezza sul futuro istituzionale delle Province rende fumoso, a tutt’oggi, quale ruolo esse avranno a partire dal 1° gennaio 2014, quando dovrebbe divenire operativo il processo di riordino ed accorpamento delle Province (responsabili dei Servizi per l’Impiego) previsto dall’art. 17 della Legge 135/2013 (c.d. “spending review”).

 

Inoltre, questa struttura sarà affiancata anche dall’istituzione della c.d. banca dati delle politiche attive e passive prevista dall’art. 8 del D.L. n. 76/2013. Tale strumento utilizzerà informazioni già note alla Pubblica Amministrazione, mettendole, però, in relazione tra loro.

Verrà creato un database, il quale conterrà i dati provenienti da:

a)   gli elenchi dei destinatari di provvedimenti di sostegno al reddito;

b)   l’anagrafe degli studenti e dei laureati;

c)    la c.d. dorsale informativa prevista dalla Legge n. 92/2012 concernente i percorsi formativi dei lavoratori.

Tale banca dati dovrebbe contenere tutte le informazioni necessarie per garantire un efficace servizio di collocamento dei lavoratori, anche ricorrendo a convenzioni con soggetti pubblici e provati.

Si tratta di un’idea non originale, che ricalca altri precedenti tentativi d’istituire banche dati analoghe e che hanno avuto alterne fortune. Essa dovrebbe andare a svolgere il compito che dovrebbe garantire un efficiente servizio per l’impiego.

 

A fronte di tali iniziative legislative, bisogna anche tenere condizioni in cui versa il sistema italiano della domanda ed offerta di lavoro e della sua mediazione (pubblica o privata). Infatti, lo stato di abbandono che caratterizza i servizi per l’impiego porta a ritenere quasi impossibile il raggiungimento di tale obiettivo per una serie di molteplici ragioni.

Innanzi tutto, non vi è un numero di imprese sufficientemente elevato per poter creare una rete di contatti in grado di collocare tutti i disoccupati.

Inoltre, i centri per l’impiego dispongono di analisi e monitoraggi limitati alla propria Provincia d’appartenenza. Questo aspetto è particolarmente preoccupante se si considera che nelle Province dell’Italia meridionale la mobilità occupazionale dei propri residenti verso altri territori è superiore al 50%.

Infine, il numero di dipendenti dei centri per l’impiego è decisamente troppo basso rispetto ai molteplici e complessi compiti amministrativi loro assegnati.

Questo insieme di fattori ha comportato che i servizi per l’impiego non sono quasi mai stati capaci (a parte qualche felice ed isolata realtà) di realizzare efficaci iniziative di riqualificazione delle persone espulse dal mercato del lavoro, con la conseguenza di risultare incapaci di incidere in maniera adeguata su una domanda e su una offerta di lavoro che hanno sempre più difficoltà ad incrociarsi.

Tutto questo quadro è ulteriormente aggravato dal poc’anzi citata incertezza in cui versa la definizione del futuro assetto istituzionale delle Province.

 Questo complesso e preoccupante contesto richiede una serie di iniziative da avviare immediatamente, ma la cui omogenea realizzazione in tutte le Regioni d’Italia appare molto difficile, con evidenti conseguenze sfavorevoli per coloro che risiedono nei territori meno sviluppati. Esaminiamole nel dettaglio.

La prima soluzione applicabile per attuare in tempi brevi gli obiettivi del programma in questione consiste nell’adottare soluzioni intelligenti di sussidiarietà orizzontale, sia potenziando il raccordo tra pubblico e privato, sia coinvolgendo le istituzioni formative, le parti sociali, sia valorizzando i territori. In alcune Regioni italiane (come il Veneto e la Toscana) sono state avviate esperienze “pilota”, che hanno evidenziato come il successo di tali iniziative dipende principalmente dalla capacità di creare partnership, integrazione e raccordo nei servizi per l’impiego.

Purtroppo, il Mezzogiorno d’Italia parte svantaggiato, in quanto esso non gode di una diffusa rete di operatori privati nella mediazione di manodopera e dispone di rare esperienze di partnership nel settore del lavoro e della formazione professionale. Inoltre, sia l’offerta che la domanda di lavoro sono scarse in termini quantitativamente preoccupanti (basti pensare al numero rilevante di NEET residenti in quei territori). In altri termini, tale soluzione funzionerà molto bene nel Centro-Nord, mentre al Sud rischia di risultare ininfluente, a causa dell’assenza di una adeguata domanda di lavoro.

 

Un’analoga difficoltà per il Mezzogiorno d’Italia è rilevabile anche qualora si volesse assicurare la Youth Guarantee attraverso un intervento tempestivo capace di riorganizzare i servizi per l’impiego, in modo tale che essi siano in grado di fornire un orientamento personalizzato e una progettazione individuale. Tali ipotesi d’intervento richiederebbe l’utilizzo di un numero rilevante di esperti in grado, di realizzare i bilanci delle competenze dei singoli utenti. Questa soluzione richiede servizi per l’impiego ben attrezzati e ben radicati sul territorio, attraverso il ricorso a risorse umane, strumentali e finanziarie adeguate da parte di ogni singola Regione. Appare evidente la svantaggiosa situazione di partenza in cui versano i centri per l’impiego delle regioni meridionali.

Inoltre, l’attuazione della Youth Guarantee necessita dell’immediata elaborazione di misure di sostegno per l’integrazione nel mercato del lavoro (come, ad esempio, la riduzione dei costi non salariali della manodopera al fine di migliorare le prospettive di assunzione; utilizzare incentivi salariali; la promozione della mobilità del lavoro; l’aumento dei servizi di sostegno all’avviamento; il miglioramento dei meccanismi di riattivazione). In tale ambito, il Governo nazionale dovrebbe prevedere delle previsioni specifiche per il Mezzogiorno d’Italia, attesa la maggiore difficoltà nell’attuare siffatte misure in un contesto quasi “desertificato”.  Questo obiettivo necessiterebbe uno sforzo decisamente oneroso per le casse dello Stato, ma esso sartebbe particolarmente necessario, in quanto persegue lo scopo di rendere effettivo lo sbocco occupazionale. Pertanto, in perfetta sintonia con le raccomandazioni dell’Unione Europea, dovrebbe essere possibile coprire parte di questi costi tramite le risorse europee, che dovrebbero essere tutte concentrate nella realizzazione dello Youth Guarantee.

Il tema delle risorse è il vero problema, in quanto ci si domanda se i servizi pubblici per l’impiego siano capaci di accedere ai finanziamenti comunitari stanziati dall’Unione Europea (lo ricordiamo, pari ad 1, 5 miliardi di euro per gli anni 2014-2015 per l’Italia). L’analisi dei risultati conseguiti nel passato induce ad una risposta negativa. Sovente, i bandi sono stati vinti attraverso la realizzazione di progetti innovativi, ideati da strutture che versavano in un’eccellente situazione economica, presentati con autorevoli partner europei e, soprattutto, cofinanziati da risorse proprie, o da soggetti privati. In altri termini, il successo della Youth Guarantee dipenderà da un problema di absorption capacity.

Alla luce di queste ultime considerazioni, l’efficace realizzazione di un progetto come la Youth Guarantee richiederebbe l’implementazione del personale dei centri per l’impiego di almeno tremila dipendenti, attivando procedure concorsuali trasparenti e capaci di selezionare persone in grado di scrivere progetti europei, per sfruttare al meglio i fondi strutturali comunitari, i quali, ormai, sono l’unica risorsa economica disponibile per le politiche attive del lavoro del futuro.

Nell’immediato presente, se davvero si vuole attuare in Italia (ed, in particolare, nel suo Mezzogiorno) il programma previsto dalla Youth Guarantee bisognerebbe rinunciare, per un periodo di tempo circoscritto, al complesso meccanismo dell’assegnazione dei fondi europei tramite singoli progetti e autorizzarne direttamente l’uso per l’attuazione del programma stesso.

Si tratterebbe di una rivoluzione copernicana che le Regioni del mezzogiorno d’Italia, male attrezzate nella gestione dei fondi strutturali, avrebbero enormi difficoltà nel metabolizzarla in maniera veloce ed efficace. Tuttavia, le preoccupanti dimensioni assunte dal fenomeno della disoccupazione giovanile richiedono soluzioni innovative e coraggiose, ma, al contempo, capaci di garantire la massima concentrazione di risorse qualitative e quantitative, al fine di contrastare realmente il fenomeno in questione.


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