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Conte due, il Consiglio dei Ministri parla meridionale
06 Set 2019 08:47

Parla meridionale la riedizione del governo Conte. Ventuno ministri presieduti, tanto per cominciare, dall’avvocato originario di Volturara Appula, in provincia di Foggia.

Ci dispiace per il direttore di Libero Vittorio Feltri, ma oltre al presidente del Consiglio, in una singolare competizione sulla provenienza, Sud batte Resto d’Italia 11 a 10 (includendo anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, veneto di Montebelluna).

Partiamo da Luigi Di Maio, titolare della Farnesina, nato ad Avellino e cresciuto a Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli. Come lui, dalla Campania provengono Enzo Amendola (Affari europei, Napoli), Sergio Costa (Ambiente, Napoli) e Vincenzo Spadafora (Giovani e Sport, Afragola).

Con un poker di ministri, comanda dunque la Campania, seguita a ruota dalla Sicilia, che mette a segno un’ottima tripletta: Alfonso Bonafede (Giustizia, Mazara del Vallo), Nunzia Catalfo (Lavoro e Politiche sociali, Catania) e Giuseppe Provenzano (Sud, San Cataldo).
A seguire la Puglia, con due titolari di dicasteri: Francesco Boccia (Affari regionali e Autonomie, Bisceglie) e Teresa Bellanova (Politiche agricole, Ceglie Messapica). Doppietta rispettabilissima anche per la Basilicata, che piazza Luciana Lamorgese (Interno, Potenza) e Roberto Speranza (Sanità, Potenza).

Oltre a Fraccaro, nove, invece, i ministri provenienti dal Nord Italia. Dall’Emilia Romagna arrivano Dario Franceschini (Beni culturali, Ferrara) e Paola De Micheli (Infrastrutture e trasporti, Piacenza). Lorenzo Guerini (Difesa, Lodi) e Elena Bonetti (Pari opportunità e Famiglia, Asola) sono originari della Lombardia. Fabiana Dadone (Pubblica amministrazione, Cuneo) e Paola Pisano (Innovazione tecnologica, Torino) rappresentano la truppa piemontese, mentre Stefano Patuanelli (Sviluppo economico) viene da Trieste e Federico D’Incà (Rapporti col Parlamento) da Belluno.

Insomma, a voler fare una nota di colore potremmo dire che alle note differenze politiche si uniscono quelle idiomatiche. Magari a fare da pontieri, anche dopo la trattativa, potrebbero pensarci Roberto Gualtieri (Economia) e Lorenzo Fioramonti (Istruzione), “romani de Roma”.


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