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Il generale ordina a ventimila militari italiani di tagliarsi la barba. Ecco la lettera
18 Lug 2013 09:38

Stop a pizzetti, barbe e barbone, oggi tanto in voga tra i militari italiani in Afghanistan e i veterani delle missioni.

Quello del generale di corpo d’armata Vincenzo Lops (originario di Corato, in provincia di Bari), è un invito rimesso alla “libera scelta” di tutti gli uomini alle sue dipendenze – i 20 mila del 2/o Fod, il Comando delle Forze di difesa – nel nome di un ritorno ad una esemplare “cura e fisicità militare della persona“, perché “un volto pulito e rasato garantisce quel senso di pulizia e di cura quotidiana del corpo (anche in ambiente operativo) fondamentale non solo dal punto di vista medico sanitario, ma anche da quello della marzialità, della disciplina e dell’aspetto esteriore, segno di vigore ed ordine militare”.

Lops – uno degli ufficiali più conosciuti e apprezzati delle Forze armate italiane, primo comandante della missione Antica Babilonia in Iraq – motivato da “orgoglio, onore e, forse, presunzione bersaglieresca”, ha preso carta e penna e scritto una “lettera aperta al personale per chiedere ai suoi uomini “una prova di valore, forse mentale e morale“, “una personale prova di rispetto e di accettazione del mio modo di comandare“.

Niente a che vedere con “un impiego in guerra o un pericoloso combattimento”, ma una prova altrettanto “valorosa e coraggiosa” che ha a che fare con la necessità di “portare con esemplarità l’uniforme” e con la cura “militare” della persona.

Concetti che passano per diviseperfettamente tenute“, scarpe e anfibi “perfettamente lucidati“, taglio di capellicostantemente curato” e, soprattutto, barbe e pizzetti “aboliti per puntare a volti completamente puliti” (quando l’Esercito in realtà tollera le barbe, a patto che siano sempre corte e curate).

Il generale sottolinea che oggi “una maggiore attenzione modaiola ed i recenti impegni in Afghanistan hanno rivalutato la barba che sembra essere diventata un ‘must’ per finalità ‘COIN’ (antiterrorismo) e per particolari situazioni operative.

Sembra quasi – avverte – che per dare spazio alle dinamiche antropologiche locali si sia perso il Dna della nostra militarità in merito alla barba.

Potrebbe sembrare anacronistico, ma penso che ancora oggi la barba e la militarità debbano riprendere la loro giusta collocazione nella cultura militare“.

Quindi “la scelta adesso spetta solo a voi“, dice Lops ai militari del 2/o Fod, invitandoli a non farsi condizionare “da quanto, a volte, le mogli e le fidanzate forse pretendono affettivamente, né tantomeno da manie di reducismo e di maturità militare!”.

In realtà non tutti sembrano condividere le indicazioni del generale. Tra i destinatari della lettera c’é anche chi sostiene di aver scritto al ministro della Difesa Mario Mauro e al capo di Stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli (anche lui portatore di barba), manifestando la propria contrarietà.

La preoccupazione di questo militare, che evidentemente non ha alcuna intenzione di radersi, è che chi non accoglie l’invito del comandante possa essere penalizzato nella carriera perché, se è vero che Lops ribadisce che la sua non è un’imposizione, ne lega l’ottemperanza al “senso della disciplina, allo spirito di appartenenza, alla completa fiducia e innato rispetto per l’autorità”.

In sede di valutazione, dunque, afferma questo soldato, il militare barbuto “non potrà mai essere eccellente”. Però lo stesso generale insiste sulla assoluta volontarietà del gesto: “Mi aspetto, per mia intima convinzione – conclude infatti la lettera al personale – che tutti possano ‘staccarsi’ dalle barbe/pizzetti.

Ove così non fosse, non abbiate remora a scegliere diversamente né preoccuparvene. Perché quando non si tratta di un ordine, allora c’é spazio per ogni libertà di scelta, che indipendentemente dalle motivazioni, va comunque e sempre rispettata”.


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