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La donna degli Appennini andò verso Bologna
13 Feb 2015 09:58

E se.

Milena si chiedeva “e se fossi nata in una città?”

Era nata in un paese dell’Appennino molisano, sognava di avere una vita diversa e si chiedeva come sarebbe stata la sua personalità se fosse nata in un luogo libero da condizionamenti.

Invece, appena capì cosa significava essere donna, comprese il suo ruolo nella realtà plasmata dai maschi. E non appena percepì cosa significava essere donna nel suo paese, capì il ruolo in società.

I suoi genitori erano abbastanza acculturati, ma il paese dettava le regole. E negli anni ’70, erano troppo simiglianti a quelle che per secoli avevano visto la donna relegata in casa, in un lurido isolamento. Pena: la confisca perenne della dignità.

La sera alle 18.00 si doveva rincasare. Chi rimaneva fuori a gironzolare era una “un po’ facile”.

Agli inizi degli anni ’80, iniziò per le donne dell’entroterra meridionale, un minimo di libertà di movimento. In paese era possibile fare una passeggiata con un maschio, per il corso principale, senza rischiare la reputazione.

Un piccolo passo, ma un segno importante.

Milena iniziò a camminare di fianco ai suoi amici maschi del liceo.

Ci vollero quasi tre anni affinché tale abbinamento assumesse i contorni della normalità.

La città era lontana: in termini di chilometri e di concetto. La tv, sugli Appennini, era ridotta a Rai 1 e Rai 2. Rai 3 arrivava a macchia di leopardo, Canale 5 aveva un flebile segnale e Italia 1 e Rete 4 non pervenute.

Dunque, era ancora difficile essere donna in quegli anni e in quei luoghi. Non c’era più l’ossessione di trovar marito, ma le regole eran molte e sbilenche. E quando il primo ragazzo s’interessò a Milena, ella si chiese perché non poteva essere il contrario.

Comunque vagliò quell’individuo, cercò di capirne i contorni, prima di essere preclusiva.

Il giovane appariva serio, entusiasta, ironico, assolutamente scevro di aggressività, ma…..ma la sua formazione sociale, dovuta ad una famiglia semplice, ne enunciavano tic comportamentali: a volte a lei strani a volte insopportabili. Aveva lineamenti che disegnavano una bellezza, e ciò tenne in piedi una specie di rapporto.

A diciotto anni cosa puoi dirti con un coetaneo? Ti lasci prendere dagli impulsi e cerchi di intercettare le emozioni. Milena e Marco, vivevano di questo. In un periodo dove l’Italia spargeva benessere. a scapito del debito pubblico. E il benessere faceva da volano all’emancipazione ed al progresso sociale e culturale. Così la ruota della vita, girava un po’ più velocemente, dilungando la distanza degli anni dell’oscurantismo.

Quegli anni ’70, non cosi lontani, erano stati per gli Appennini meridionali l’ultimo ruggito del Medioevo.

Milena passeggiava nel corso con Marco e si godeva il cambiamento. Quelle nubi fosche di un quinquennio precedente iniziavano a diradarsi. Ma la strada era lunga.

“Non credere che per noi maschi sia stato diverso” diceva lui. “Noi abbiamo sofferto la vostra mancanza. Pensare di bussare ad una porta di una donna solo se volevi sposala, era una situazione insopportabile. Vivere senza l’elemento femminile non e stato semplice. Ora seguiamo questo cambiamento quasi con incredulità e non sappiamo cosa lo ha determinato. Passeggiare con te in questo corso, era impensabile. Dobbiamo dire grazie a chi ha abbattuto il  muro. Ma i tempi erano maturi.”

Marco andò oltre: invitò Milena a fare un giro sulla sua moto. E per farlo era costretto a darle appuntamento in luoghi appartati e a girare con ella per le strade di campagna.

Questo erano gli Appennini agli inizi del 1980.

Dopo un anno, Milena e Marco andarono a studiare all’Università di Bologna. E dopo un altro anno interruppero la relazione. La libertà di Milena aveva continuato a dilatarsi in misura esponenziale all’impronta culturale che le aveva dato la sua famiglia. E Marco la sostenne fino al limite dell’impronta culturale che gli aveva dato la sua famiglia.

Così, presero le strade delle loro capacità di vivere una società globale.

I giovani degli Appennini meridionali poco sanno del vissuto dei loro genitori. E credono che la loro vita sia stata simile. Peccato.


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