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La mancata prevenzione costa 3 miliardi di euro
08 Mar 2014 07:58

Gli avvenimenti delle ultime settimane che hanno colpito Roma, l’Emilia Romagna, la Liguria e la Toscana, hanno evidenziato ancora una volta come le amministrazioni pubbliche fatichino a costruire corrette strategie di prevenzione dell’emergenza.

I fatti di cronaca degli ultimi giorni, infatti, hanno messo ancora una volta sul banco degli imputati la Pubblica Amministrazione e la sua cronica inadeguatezza nel procedere ad una corretta analisi del rischio, che presuppone una capacità di predisporre in modo efficiente la propria struttura organizzativa, come è accaduto negli Stati Uniti con la perfetta gestione dell’Uragano Sandy, che ha garantito la rielezione a Barack Obama.

Ogni anno in Italia, secondo i dati della Protezione Civile, la mancanza di prevenzione costa al Paese circa 3 miliardi di euro. Negli ultimi 40 anni in Italia sono stati spesi oltre 140 miliardi, un prezzo altissimo che viene pagato soprattutto in termini di risorse non investite per lo sviluppo economico e per promuovere azioni di prevenzione.

I momenti di grande tensione acuiscono una struttura per nulla o poco organizzata, come continua ad essere la Pa italiana, la cui precarietà viene messa a dura prova quando si tratta di confrontarsi con situazioni e problemi che hanno un impatto così forte anche sulla pubblica opinione. La mancanza di organizzazione, infatti, si riflette anche sulle azioni di comunicazione e di informazione, che peccano ancora per l’assenza di una cabina di regia ordinata.

La Pa, infatti, non ha elaborato un codice di emergenza univoco e ancora oggi, nonostante la fragilità del territorio italiano richiedesse anche un impegno forte in tal senso, gli enti continuano a non dialogare o a dialogare in modo intermittente, con la conseguenza tragica che la gestione di situazioni calamitose sia lasciata più all’esercizio del volontariato che ad azioni coordinate.

La gestione di un Paese ormai fragile sotto i punti di vista impone, invece, un cambio di paradigma delle amministrazioni pubbliche, la cui valutazione del rischio non può limitarsi alla sola gestione dell’emergenza, ma inevitabilmente deve ricondursi ad un’azione strategica condivisa nella quale devono essere coinvolti tutti gli attori in campo.

Dall’analisi del rischio potenziale alla sua divulgazione alla comunità locale il sistema della Pubblica Amministrazione deve cominciare a ragionare e pensare all’unisono, evitando di incorrere in inutili parcellizzazioni organizzative, che amplificano l’effetto negativo dell’emergenza, disperdendo in modo inutile risorse preziose.L’adozione di corrette procedure di risk management – come accade anche in molti settori della Pa, in primis in quello sanitario – sono necessarie per prevenire e gestire situazioni di crisi, investendo su figure professionali opportunamente formate non solo sul piano procedurale, ma soprattutto nella gestione delle strategie per mettere a punto una corretta comunicazione di crisi, che abbia nei media e nella opinione pubblica i target privilegiati di confronto.

*Fellow di Competere e docente di Comunicazione di crisi aziendale presso l’Università degli Studi di Teramo


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