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Milly Giaccone e un Paese ingrato
23 Giu 2013 21:52

La vicenda di Milly Giaccone mi ha incupito, mi addolora ma soprattutto mi fa arrabbiare.

Siamo davvero un Paese senza memoria e senza gratitudine verso i familiari vittime della violenza mafiosa. Il martirio del professore Paolo Giaccone dovrebbe essere, per uno Stato serio, icona di onestà e morale da portare come esempio alle nuove generazioni. E i suoi familiari dovrebbero essere messi in condizione di camminare sui tappeti di velluto: invece no! Milly Giaccone, oltre ad aver perso suo papà, è stata duramente colpita per la morte di sua figlia, bambina poco più che dodicenne.

Ed ora la burocrazia italica, forte coi deboli, ma deboli coi forti, mette in discussione un suo diritto. Nella sostanza un Giudice della Corte dei Conti non ha voluto riconoscere a Milly Giaccone un diritto che era già stato riconosciuto a suo papà e quindi, quel Giudice ha rigettato l’istanza di quiescenza presentata da Milly.

Ed è per tutti questi dolori che Milly Giaccone è stata colpita da infarto. Ancora una volta devo registrare una sconfitta, ancora una volta la mia memoria deve giocoforza aprire i cassetti del mio dolore e catapultarmi sul luogo, dove giaceva il corpo del povero professor Paolo Giaccone. Non mi interessai delle indagini sulla sua morte, ma intervenni nell’immediato sul luogo dell’agguato.

Poi, catturammo tre killer in flagranza di un altro efferato delitto e uno di loro, Vincenzo Sinagra si pentì raccontando la dinamica e motivazioni dell’omicidio Giaccone. Ma occorre fare un passo indietro. Il giorno di Natale del 1981 a Bagheria fu compiuta una strage, chiamata per l’appunto “Strage di Natale”.

Io c’ero, e tutti quanti fummo interessati a scoprire gli autori. Un giorno una volante della Polizia, nel corso di un controllo di routine a Brancaccio, ferma un auto con a bordo Giuseppe Marchese, cognato di Leoluca Bagarella. Il giovane viene condotto alla Squadra mobile per accertamenti e nel frattempo giunge al centralino della Questura una telefonata anonima, con la quale si indicava che Giuseppe Marchese era uno degli autori della strage di Bagheria.

In effetti, le impronte rinvenute su un’auto usata e abbandonata dei killer risultarono poi essere di Giuseppe Marchese. La perizia fu condotta dal massimo esperto di medicina legale professore Paolo Giaccone, consulente del Palazzo di giustizia di Palermo. Il professore Giaccone non si fece condizionare dalle minacce mafiose e scrisse che le impronte appartenevano proprio a Giuseppe “Pino” Marchese: quest’ultimo nel 1993 divenne collaboratore di giustizia e proprio io condussi gli interrogatori insieme ai PM palermitani.

Ho voluto ricordare questo passaggio, per far comprendere come questo Paese sia ingrato verso i familiari vittime di mafia. Nella mia Palermo in tanti, per aver dimostrato alto senso dell’onore, hanno perso la vita, il professore Giaccone è un esempio.

Tuttavia, pensando alla situazione di sua figlia Milly Giaccone, mi sorgono seri dubbi, ovvero ha avuto ragione il professore Giaccone a donare la sua vita per questo Stato?

Ha avuto ragione un altro medico, il ras della sanità a Palermo Michele Aiello, arrestato per mafia? Hanno avuto ragione Cassarà, Zucchetto, Boris Giuliano, Montana, Mondo, Antiochia a farsi trucidare per degli ideali, o hanno avuto ragione i colleghi “traditori”.

Non ho più parole, se non per dire a Milly Giaccone che le sono vicino.


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