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Questa foto di Razzi merita rispetto. E’ la nostra storia
25 Apr 2014 08:08

Suscitano ribrezzo gli insulti e l’ilarità per le foto del matrimonio di Antonio Razzi, emigrante abruzzese in Svizzera ad appena 17 anni nel 1965 e sposatosi con una ragazza spagnola alla fine degli anni ’60.

Così erano i nostri emigranti, che vi piaccia o no, e meritano rispetto.

Partivano per fame e per un futuro migliore, ed erano poveri, ingenui, ignoranti, con tanta voglia di lavorare e farsi strada, classe popolare di quel meridione sfruttato e offeso, dalla quale chi insulta Razzi si sente alieno, superiore, altro.

Ascoltavano Mino Reitano o Nicola Di Bari e si commuovevano se pensavano all’Italia che li aveva liquidati, a volte mandandoli a morire come a Marcinelle. Così erano quei ragazzi che si rovinavano la salute in lavori che gli svizzeri o i belgi non volevano più fare, e si pettinavano e vestivano a metà strada tra una moda che orecchiavano e una tradizione paesana che incombeva su di loro.

È presumibile che la maggior parte delle irrisioni al parlamentare di Forza Italia vengano da persone che si considerano di sinistra. È il segno, il milionesimo segno, della raggiunta estraneità da quella classe popolare alla quale dovrebbero appartenere o sentirsi di appartenere.

Non è importante come l’abbia sfangata Razzi, è importante chi era. Forse il politico opportunista e mille volte criticabile, ma così ingenuo da palesarsi nel suo cinismo nasce anche da quella frattura.

Vi siete accecati e vi siete persi, non c’è più nulla da fare per voi.


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