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La Libia stenta a ripartire. Il turismo è al palo e la Leptis Magna resta senza visitatori
06 Ago 2013 09:00

Un gioiello come Leptis Magna è di nuovo deserto come prima.

L’instabilità politica rappresenta infatti un serio ostacolo allo sviluppo del turismo in Libia, apertosi timidamente al mondo negli ultimi anni di Muammar Gheddafi, con meraviglie dell’epoca romana visitati da alcune migliaia di fortunati.

L’ultima conferma della sempre più difficile situazione è di oggi, con le dimissioni del vicepremier Awadh al-Barassi, che ha lasciato l’incarico lamentando ”problemi ed ostacoli in vari settori dello Stato, il peggioramento della sicurezza e gli assassinii conseguenti alla politica di centralizzazione amministrativa avviata dal governo”.

Tra le dune sabbiose del deserto la Libia racchiude un patrimonio di tesori archeologici e naturalistici che sotto il regime di Gheddafi non è mai stato valorizzato, a differenza di quanto avvenuto nei vicini Egitto e Tunisia.

E se il paese vive una fase di rinascita è anche vero che la situazione di instabilità continua a tenere lontani i turisti stranieri. Lo si nota passeggiando tra le rovine deserte di Leptis Magna, uno dei maggiori siti archeologici del Mediterraneo situato a 130 km a sud est di Tripoli, dichiarata patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco nel 1982.

A Leptis Magna la sensazione di grandezza della città che diede i natali all’Imperatore Settimio Severo è immediata appena si comincia a camminare tra gli spettacolari reperti di una vera e propria città rimasta intatta nei secoli perché salvata dalla sabbia spinta dal Ghibli, il vento caldo del Sahara, che l’ha praticamente sommersa dopo la sua decadenza causata dall’insabbiamento del porto.

Come sito archeologico, Leptis ha avuto la fortuna di non essere occupato da insediamenti più recenti e la sfortuna di esser stato saccheggiato dai francesi alla fine del Seicento. Molte colonne di marmo furono infatti abbattute, imbarcate e riutilizzate in Francia.

All’ingresso c’è un imponente arco, rimesso in piedi negli anni 20 dagli archeologi dell’Università di Macerata, intitolato all’imperatore.

”La maggior parte degli scavi sono stati effettuati proprio in quegli anni ma gran parte della città resta ancora coperta”, racconta una guida turistica del sito archeologico. Molto ben conservate le terme con ancora visibili pavimenti originali e tubi per l’acqua calda e fredda, il foro di eccezionale imponenza e l’anfiteatro con una bella vista sul mare.

Prima della rivoluzione del 17 febbraio 2011, che ha messo fine alla dittatura di Gheddafi, la Libia aveva registrato un massimo di 220.000 visitatori stranieri all’anno in viaggio per motivi di lavoro e solo 50.000 di questi erano turisti.

Il numero dei visitatori è diminuito notevolmente a causa della situazione di instabilità del paese. ”Dopo la rivoluzione l’afflusso turistico ha registrato un notevole calo.

La maggior parte dei turisti sono libici e una piccola porzione è rappresentata da stranieri di passaggio a Tripoli per motivi di lavoro o appassionati di archeologia. Si tratta di un turismo di nicchia, che presenta una serie di difficoltà oggettive.

In Libia manca totalmente la cultura turistica dell’accoglienza, non esistono strutture alberghiere sviluppate; ci sono giorni in cui il sito archeologico di Leptis Magna è completamente deserto”, continua la guida.

Cosi come negli altri quattro siti archeologici del paese dichiarati patrimonio mondiale dall’Unesco, a Leptis Magna la manutenzione ordinaria lascia parecchio a desiderare.

Le autorità sono consapevoli che il turismo rappresenta una grande opportunità. Il Ministero del Turismo ha chiesto l’ appoggio dell’Organizzazione Mondiale per il Turismo per avviare un piano d’azione per lo sviluppo di un turismo sostenibile.


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