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Il professore salvato da un trucco
31 Dic 2014 09:00

Durante il ventennio fascista, sul finire di esso, un importante avvocato toscano venne mandato al confino, in un paese del Molise. Era accusato di cospirazione.

Questi venne accolto con umanità. Fu proprio il maresciallo della caserma dei Carabinieri a fare gli onori di casa.

Leggendo il dispositivo del confino, era stato colpito dall’alto profilo dell’uomo, che insegnava diritto penale all’università e sedeva in numerosi direttivi di associazioni culturali. Una personalità.

La notizia si sparse nella piccola aristocrazia del paese e tra gli uomini delle professioni, e nacque una grande curiosità.

L’avvocato sembrava amalgamarsi con l’ambiente, ma scriveva lettere alla moglie, che se l’avessero lette i cittadini del posto lo avrebbero cacciato a pedate.

Ma l’uomo era in buona fede, non voleva offendere.

“Mia cara, sono arrivato dopo un viaggio da Campobasso durato quasi cinque ore. La corriera era una specie di diligenza, che si fermava ad ogni anfratto, accogliendo a bordo gente logora e a volte accompagnata dalle loro bestie. La strada era sconnessa e la polvere che ho inghiottito basterebbe ad impolverare tute le sale d’un castello. I cattivi odori mi seguono instancabili.”

“Mia cara, sono quindici giorni che vivo in questo luogo e ancora sento la claustrofobia di un posto dimentico da Dio. Il paese è popoloso e sempre brulicante e mi colpisce come i maialini siano portati per le strade con dei guinzagli di corda, ed i muli siano trattati dai maschi, meglio delle mogli.”

Era una visione parziale, ma questo aveva scritto.

Il maresciallo accompagnava l’avvocato, per pura cortesia, nelle passeggiate pomeridiane. Gli chiedeva della situazione a Roma, del carattere del Duce, della situazione nelle città. Potevano essere domande a tranello, ma non lo erano. Egli era un pacioccone a cui interessava solo la buona tavola. E tra un pranzo e l’altro un po’ di chiacchiere colte non facevano male. Così avrebbe fatto bella figura quando le riportava al farmacista ed al notaio.

D’altronde il paese era calmo. Pochi screzi dovuti a questioni di confine di terre, non erano certo un problema sociale. Sembrava un luogo buono per meditare, certo che era davvero impossibile cospirare.

L’avvocato alloggiava nell’unica pensione del posto e si pagava da vivere facendo lezioni private ai figli dei professionisti e dei commercianti. Uno di essi l’aveva adottato e lo teneva sempre in casa, assicurandogli ogni confort.

Ma l’avvocato recitava il ruolo di ciò che non era. La sua testa viaggiava altrove.

Un giorno un boscaiolo lo pizzicò nella sua terra. Era convinto che l’uomo volesse rubargli i tacchini, mentre l’avvocato era solo rimasto incuriosito dagli animali, a tal punto da spingersi un po’ oltre. Il boscaiolo lo teneva tra le sue mani e voleva picchiarlo.

“Sono mesi che ti cerco! Se ti faccio arrestare tu poi esci e mi torni. Io ti voglio spezzare le braccia così non puoi più rubare!”

Intorno ai due si era raccolto un po’ di gente e c’era chi aizzava contro il forestiero.

Allora da lontano arrivò un collega del toscano, un avvocato del posto che gridò al boscaiolo: “Lascialo stare! Questo è un grande avvocato italiano!”

“No questo è un ladro!”

“Lascialo! E’ un grande professore! E’ una persona importante! Passerai guai!”

“Io a questo gli spezzo le braccia, cosi non mi torna!”

“Lascialo! E’ amico del conte del farmacista del notaio del medico Iovine!”

“Non m’importa!”

Il boscaiolo credeva di avere in pugno chi da un anno gli rubava i tacchini. Il destino dell’uomo sembrava segnato.

Ma da lontano arrivò un altro uomo, possente come l’uomo di bosco.

“Miché, ma che ci fai con l’avvocato?”

“Lui è il ladro che cercavo. Era entrato nel mio pollaio!”

“Ma lui è quel giocatore di tressette che ti dicevo. Quello incredibile!”

Allora l’avvocato toscano riconobbe in quell’uomo l’avventore del bar con cui aveva passato un’intera serata a giocare a carte con i suoi amici.

“Chi è???”

“E’ quello che ha vinto tutte le partite. Quello che ha battuto tre volte Bernardo! Quello che mi ha insegnato quel trucco!”

“”E’ lui?’

“Si”

Il boscaiolo lasciò la presa d’acciaio. “Io ti lascio andare, non mi avrebbe fermato nemmeno un santo del paradiso. Ma tu mi devi insegnare a giocare. Mi devi insegnare quel trucco! Va bene?”

Il malcapitato annuì.

“Cara moglie, in questo posto tutto quello che sono e che ho fatto nella vita non conta niente. E’ valso molto più quello che mi ha insegnato la strada.”


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