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La canna nel muro
02 Dic 2014 09:02

Gli Appennini sono pieni di sorgenti. Ogni paese ne ha varie, come ricordo d’un tempo che fu. Dove ebbero splendore e rappresentarono ritrovo frescoso o momento di riposo delle membra, sulla strada del ritorno dai campi.

In un paese delle Puglie, vi erano tre sorgenti rurali. Una di esse era d’impervio raggiungimento e per questo fungeva da ritrovo preferito dei ragazzi che marinavano la scuola.

Quarant’anni fa, Piero scendeva il ripido sentiero che portava ad essa, come faceva suo nonno agli inizi del ‘900, quando eludeva la terza elementare.

Il viottolo s’imboccava scavalcando un guardrail di una strada statale e disegnava traiettorie su un costone che andava verso un fiume.

Saltuariamente, due alberi s’incrociavano e intrecciavano, per formare un arco dove sottopassare a fatica. E l’avvicinarsi alla fonte veniva segnalato dall’aumento di tracce d’acqua, che formavano pantani sconnessi.

Piero era arrivato nei pressi e si faceva guidare da Nicola, che conosceva il luogo abbastanza bene da non perdersi in quel labirinto.

“Ecco, questo e il posto”

“E la fontana?”

Nicola si avvicinò ad un muro di argilla, prese una canna, ne tagliò un pezzo lungo quaranta centimetri e lo conficcò gradatamente dentro quel muro. Dopo qualche secondo, dalla canna, cominciò a zampillare acqua.

Piero rimase meravigliato. Vedeva uscire un liquido opaco, che non dava molta fiducia. Ma Nicola gli fece cenno di aspettare. Poi gli disse: “Ora si può bere, fai come me.” Si allungò sul bordo del piccolo e rudimentale contenitore sottostante e stette a sorseggiare con gusto.

Poi toccò a Piero e quando cominciò a bere trovò un’acqua gelata, leggermente frizzante e piena – piena nel senso che  riempiva l’animo.

“Buona. Non so se mio nonno veniva qui per quest’acqua o perché ottimo nascondiglio. Comunque, perché non proseguiamo verso il fiume?”

La strada divenne quasi piana, erano nel fondovalle, nei pressi di un casolare. Si avvicinarono ad esso ed un cane si fiondò abbaiando. Non poteva azzannarli perché chiuso nel recinto, ma lo avrebbe fatto volentieri.

Piero e gli amici stavano per allontanarsi quando videro la strada sbarrarsi da un omaccione. “E voi che ci fate qui? Volevate rubare le ciliege?”

“No” rispose Piero, “nemmeno le avevamo viste le ciliege”.

“Ma aspetta un po’” disse l’uomo, “non sei il figlio dei Bernardeschi?”

“Si” rispose Piero.

“E allora…non potevi certo rubare. Forse potevi regalare!” e si fece una risata. “Mio padre e mio nonno hanno lavorato per la vostra famiglia, facevano gli stallieri. Ma abitavano qui. Vostro nonno più volte veniva alla fontana quando non voleva andare a scuola. Fu mio padre ad avvisare la famiglia. E da allora non venne più!”

“Ah! Siete stati voi! Mio nonno non mi ha mai detto di ciò”

I ragazzi iniziarono a risalire il viottolo: “Quanto è piccolo il mondo. Dopo cinquant’anni si scopre chi tradì il mio povero nonno. Ora che glielo racconto…..”

Arrivarono alla sommità  e dopo aver scavalcato il guardrail videro di fianco alle loro biciclette un uomo intento a fumare nervosamente. “E questo cosa vuole?”

“Ehi! Ragazzi! Mi fate una cortesia!”

“Se possiamo…..” rispose Piero che aveva riconosciuto un camionista del paese.

“Vedete se c’è il posto di blocco dopo questa curva. Non ho pagato l’assicurazione e quelli sono lì da un’ora”.

Piero si affacciò timidamente e controvoglia.

“Sono ancora fermi!”

“Allora questa notte mi ritiro all’una col camion!” E partì una salva di parolacce indicibili.

I ragazzi proseguirono e giunsero alla periferia dell’abitato.

Volavano pietre furiosamente. Due bande di loro coetanei si stavano fronteggiando in un piazzale. Un ragazzo venne ferito. Urlava di dolore per una colpo alla mano. Gli oppositori esultavano. La rissa era finita. “Abbiamo colto Lorenzo!” Lorenzo era uno dei capi e se c’è un perdente c’è un vincitore. E la battaglia finisce.

Piero guardò la mano sanguinante, niente di grave.

A casa trovò il padre arrabbiato. Qualcuno gli aveva detto dello scherzo che aveva fatto al suo professore. Lo scherzo della cattedra sostituita con un lavabo di un bagno. La punizione consisteva nella sottrazione della bici per un mese. Brutta botta. Corse da un amico a prenotare la sua seconda bici promettendogli di presentargli Maria.

La sera la madre gli cucinò le salsicce. Per tutti era la carne dei poveri, per lui era un lusso concesso raramente. A casa sua solo filetti di bovino. Poi un po’ di crostatata.

Accese il televisore, era mercoledì e c’era Piero Angela. Rimase solo a vederlo, tutti erano andati a letto.

Scese giù nel reparto notte, accese la radio sulle onde Fm. C’erano due emittenti libere in paese, era il periodo della pioneria radiofonica, ma c’erano già due radio in quel luogo. E Piero passava dai 103 mhz ai 106, per sentire due confusi programmi.

Erano due classi di liceali che si fronteggiavano.Non dicevano niente d’interessante, ma già che parlavano in radio li rendeva importanti e incuriosiva ascoltarli.

Poi spense la radio, spense la luce e respirò sentendosi pieno di vita. In un’epoca senza smartphone, tv commerciali, satellitari, moto stellari, gps, viaggi in aereo low cost, lui respirò e sentì l’animo pieno. Come dopo aver bevuto quell’acqua. L’acqua del muro d’argilla.


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