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La scuola va potenziata al Sud, subito
27 Mag 2014 11:00

Che bella la democrazia. Tutti possono partecipare al voto e tutti possono candidarsi per essere eletti.

La Rivoluzione Francese ha imposto dei principi, dove questo concetto si è impiantato ed evoluto. Ma a tutto l’800 ed i primi del ‘900, in tutta Europa, i suffragi erano per censo e per sesso. In Italia, per arrivare al suffragio universale, si è dovuti aspettare l’anno 1912. Governo Giolitti.

Purtroppo, il paradosso è che quel suffragio ha aperto le porte al fascismo.

Che poi le elezioni le ha eliminate con la legge Acerbo, la quale regalava i 2/3 dei seggi a chi superava il 25% del quorum.

Insomma, ciò che abbiamo nel dna noi Occidentali, è frutto di un lungo cammino, non ancora percorso in gran parte del pianeta.

In questi giorni abbiamo votato per il Parlamento Europeo, ma il risultato era tutto riflesso sul sistema italiano.

E’ un po’ come andare a Roma, essendo diretti a Milano. Capita anche questo in Italia.

Perché è un paese dove la democrazia è un concetto labile, e dove tutto s’impone con la forza dell’umoralità e di quell’ambiguità di fondo che ci pervade.

Non abbiamo una cultura politica, è ovvio che poi non abbiamo una classe dirigente all’altezza.

Il Sud soffre maggiormente questo problema, perché in ritardo culturale sulle altre aree del paese. La colpa è di una scuola con pochi mezzi economici e dove il territorio rende difficile accedervi con facilità. In migliaia di piccoli centri, bisogna fare chilometri per arrivare ad un istituto di scuola superiore, confacente alle caratteristiche dell’alunno.

La scuola ha un aspetto basilare per la crescita socio-economica di un territorio.

L’ignoranza favorisce la labilità di democrazia, che di rimando si riflette sulla scelta della classe dirigente.

Purtroppo si discute molto poco di questi fattori. Ma è da qui che bisogna partire, dal rapporto tra concetto di democrazia e scolarizzazione.

Anche le mafie pescano in questo buco nero. Per questo una delle priorità del governo è un impegno per la scuola. Soprattutto al Sud.

Abbassare la soglia delle primarie da sei a cinque anni, per favorire il risparmio, non è tema importante se non si assicura la qualità e la capillarità dell’insegnamento.


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