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Il Paese in mano alle escort. Lo squallore del caso Ruby
17 Mag 2013 12:23

La requisitoria al “processo Ruby” con la quale il magistrato Ilda Boccassini ha chiesto 6 anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi arriva pochi giorni dopo la condanna in Appello, sempre per l’ex Presidente del Consiglio, del “processo Mediaset”. I reati contestati a Berlusconi dal magistrato milanese sono in questo caso concussione e sfruttamento della prostituzione minorile.

I fatti, pur nelle differenti versioni che oscillano tra «erano solo cene eleganti» e «Le ragazze invitate ad Arcore facevano parte di un sistema prostitutivo organizzato per il soddisfacimento del piacere sessuale di Silvio Berlusconi», sono noti a tutti e dunque non approfondiremo questo aspetto.

E i fatti sono noti a tutti per due motivi. Il primo è che Silvio Berlusconi possiede la maggior parte dei canali di comunicazione del nostro Paese, innanzitutto le televisioni con l’impero Mediaset, radio e giornali, e dunque per contrastare le accuse che gli vengono mosse ha messo in campo una macchina della comunicazione potentissima tesa a screditare quella che appare al magistrato inquirente una verità incontrovertibile. Il secondo motivo è per la ragione opposta alla prima. Tutto ciò che non è di proprietà diretta di Silvio Berlusconi nel mondo dell’informazione, La7 e in parte la Rai, così come il resto del mondo dell’editoria, ha interesse a parlare dell’argomento anche solo strumentalmente.

La sentenza per il processo in questione è attesa per il 24 di giugno, ancora pochi giorni e sapremo cosa ha deciso la Giustizia italiana.

Nel frattempo si è scatenata la caccia alla “rossa” come viene definita dagli ultras berlusconiani il magistrato Ilda Boccassini. Giuliano Ferrara, che da sempre è il capo riconosciuto di questa frangia di tifosi, si è cimentato in una perfomance canora che restituisce il clima che si respira in Italia in questi giorni. Con parrucca di ordinanza, rigorosamente rossa, e occhiali da sole ha dedicato un rap al magistrato milanese.

Il video è disponibile su tutti i media e ognuno di voi può esprimere il proprio giudizio sia rispetto alla forma, ma soprattutto in relazione alla sostanza.

In televisione, così come sui giornali online e di carta, tutti chiedono pareri e giudizi in merito a questo processo. Politici, opinion leader, amici e nemici di Silvio Berlusconi sono i protagonisti mediatici di queste giornate convulse. Si parla, quasi esclusivamente, di questo processo e della cancellazione dell’IMU. LA crisi economica sembra essere solo un corollario e passa perfino in secondo piano l’anomala coalizione che governa il Paese immerso in una crisi economica di cui non si riesce a vedere la fine.

Non sono un magistrato e non ho studiato le carte del “processo Ruby”, ma faccio mie le parole di Massimo Cacciari, «Ma cosa vuole che me ne freghi del giudizio della magistratura… È il giudizio morale, etico, culturale… In un qualsiasi Paese civile un premier non si comporta così», che esprimono bene ciò che penso. Parole di buon senso e che fanno riferimento a un comune sentire, oserei scrivere un sentire popolare, che è già storia e racconto collettivo e condiviso.

Spesso sono le canzoni popolari che fissano e consegnano alla storia usi e costumi di un popolo. Le canzoni restano, le persone passano. E con le canzoni restano i concetti, le espressioni, i modi di fare. Le canzoni non fanno le rivoluzioni ma, spesso, narrano storie e mondi. Le canzoni restano nella nostra memoria e contribuiscono a costruire l’immaginario collettivo.

Quando ho letto le parole di Massimo Cacciari mi sono tornate in mente due canzoni che ascolto accompagnando mia figlia a scuola. Sono canzoni che piacciono agli adolescenti, scritte e cantate da ragazzi anch’essi molto giovani.

La prima è di Federico Leonardo Lucia, un giovane rapper italiano nato nel 1989 che si fa chiamare Fedez. La canzone s’intitola “Pensavo fosse amore e invece…”

«Ecco eri partita da ragazza immagine / tanto bella quanto fragile / è la storia difficile di una ragazza facile / i miei amici l’hanno detto ma io sono troppo ingen…oh sei venuto con un escort? […] Parli il 500, foglio viola / darla al vento / continua cosi che qua arrivi in Parlamento!»

La seconda s’intitola “Sparami” ed è di Claudia Nahum nata nel 1983, italiana di Singapore, che si fa chiamare Baby K.

«Non è un gioco fatto per le femminucce / prepara i colpi revoler cartucce / mi vorrebbero intelligente / ma non troppo / scema quanto basta / per subire il doppio / abbozzare il colpo chiudere un occhio / sto nell’incubatrice / tenuta sott’occhio / cosa mi aspettavo / siete come il paese / parlate di rivoluzione dalle vostre sedie / i miei capi mi adoravano / parla parla so che andrai molto lontano / parla parla / il mio collega meno bravo / nessuno parla ma guadagnare come lui / non se ne parla / questa è l’Italia / fai prima a darla / le nostre donne nella tele vanno avanti metodo Carfagna / un giorno aboliranno pure la lavagna / sparami che almeno morirò da femmina alpha».

Canzoni tra le più ascoltate del momento e che esprimono esattamente lo stesso concetto di Cacciari. Canzoni che esprimono un giudizio morale, etico e culturale sulla politica e sui comportamenti espressi in questi anni. Sono solo canzonette, ma esprimono un sentimento comune che nessuna condanna o assoluzione in tribunale potrà cancellare. Hanno già scritto e archiviato questa triste e squallida storia.


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