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Il santuario affida l’appalto alla ‘ndrangheta, per “tutela ambientale”. Ma non infangate tutta la Chiesa
07 Dic 2013 09:43

Sono passati appena pochi giorni da quando tentando di dare delle risposte ad alcuni giovani che mi incalzavano con domande piuttosto impegnative come le manipolazioni genetiche, coppie di fatto e gay, ed altre ancora, ebbi a dire che in Occidente in genere, ed in particolare in Italia, siamo tutti “figli di Macchiavelli”.

Ora, a distanza di un così breve lasso di tempo, mi ritrovo a commentare alcune notizie che in un qualsiasi altro Paese risulterebbero a dir poco grottesche e paradossali tranne in  Italia, dove tutto, e ribadisco proprio tutto, sembra non fare alcun problema. A giudicare dai molti commenti politici che ho letto, non è poi così grave la sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima l’ultima legge elettorale meglio nota come “porcellum”, nella parte in cui prevede il premio di maggioranza e le liste bloccate, che è in vigore da circa otto anni e mediante la quale sono stati eletti parlamentari di due legislature, governi, Presidente della Repubblica e gli stessi membri della Corte.

Ma si sa, in Italia oltre alle leggi ed alle sentenze ci sono le interpretazioni di entrambe. Secondo la Corte di Cassazione, “la pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma di legge comporta non già l’abrogazione, o la declaratoria di inesistenza o di nullità, o l’annullamento della norma dichiarata contraria alla costituzione, bensì la disapplicazione della stessa, dando luogo ad un fenomeno che si colloca, sul piano effettuale, in una posizione intermedia tra l’abrogazione, avente di regola efficacia ex nunc, (cioè da ora in poi) e l’annullamento che, normalmente, produce effetti ex tunc (da allora). Pertanto, la norma dichiarata costituzionalmente illegittima dev’essere disapplicata con effetti ex nunc o con efficacia ex tunc, a seconda che tale diversa efficacia nel tempo della dichiarazione di incostituzionalità discenda dalla natura o dal contenuto della norma illegittima, oppure dalla portata del precetto costituzionale violato o dal diverso grado di contrasto tra quest’ultimo e la norma di legge, ovvero, infine dalla natura del rapporto sorto nel vigore della norma successivamente dichiarata incostituzionale.” (Cass. Civile, sez. III, 11-04-1975, n. 1384).

In ragione di ciò, possono stare tranquilli (e sono in molti compreso lo scrivente)  coloro che pensano che sia tutto illegittimo perché una sentenza della Corte Costituzionale statuisce soltanto per il futuro e non per il passato facendo quindi salvi i diritti acquisiti. Come a dire: abbiamo votato con una norma incostituzionale ma siccome non era ancora riconosciuta tale gli effetti sono salvi, Istituzioni comprese. Dopo “porcellum”, il “porcinum”!

Ma, a ben vedere non è l’unica notizia che lascia a dir poco perplessi, l’altra l’apprendo dal quotidiano della Calabria: il direttore della Fondazione “Cuore immacolato di Maria rifugio delle anime” ha ammesso, rispondendo alle domande della Guardia di Finanza, di aver scelto di «assecondare il suggerimento» di un boss della ‘ndrangheta, Pantaleone Mancuso, a concedergli un appalto, con lo scopo di assicurare una «tutela ambientale» sui cantieri ispirati dalla mistica di Paravati Natuzza Evolo, in provincia di Vibo Valentia.
In questa scelta, davvero poco felice, Padre Cordiano (nella foto) ammette: «ho inteso anche garantire quella che io consideravo una “tutela ambientale” al raggiungimento dello scopo finale nella realizzazione dell’opera e pertanto appariva superfluo un confronto con altre proposte di fornitura di calcestruzzo».

Il fine giustifica i mezzi appunto! Peccato che però – e dovremmo saperlo soprattutto noi che abbiamo studiato a lungo morale fondamentale nelle Facoltà teologiche – se il fine è buono i mezzi devono esserlo altrettanto, altrimenti ciò che si vuole raggiungere diventa sommo male. Per non parlare di quella “tutela ambientale”, che per tutti, ma ancora di più per coloro che hanno pubbliche responsabilità, non dev’essere garantita dai boss locali ma dagli organi all’uopo proposti dallo Stato.

Se c’è un frase che proprio non digerisco è quanto sento qualcuno a Cetraro, Città in cui svolgo il mio ministero sacerdotale, ripetere “stavamo meglio quando si stava peggio”, quando cioè il boss locale si ergeva anche a paladino dell’ordine pubblico. Frase sovente ripetuta soprattutto in questo ultimo periodo dati i recenti furti e rapine – anche a povere ed indifese donne anziane che si recano all’Ufficio postale per riscuotere la loro misera pensione – commesse dai soliti noti alle Forze dell’ordine ed anche al sottoscritto.

In questa ulteriore triste vicenda, personalmente, auspico che non si cada nuovamente in errore tirando in ballo la Chiesa solo per mera logica commerciale, come è accaduto ultimamente con la pubblicazione di alcuni libri e titoli di giornali, perché di entrambi, in Calabria (solo questi libri e non altri ad essere inutili) non ne abbiamo bisogno.

La Chiesa, nel senso più ampio e pieno del termine, non ha nulla di che spartire con le logiche del malaffare, della sopraffazione, dell’usura, della violenza, del traffico di droga e di ogni altro male posto in essere dalla ‘ndrangheta. Non c’entra nulla anche quando qualche consacrato si “distrae” troppo facilmente.


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