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“La ‘ndrangheta ha danneggiato l’immagine di Milano”. La città ottiene risarcimento di un milione e mezzo di euro
27 Giu 2013 09:09

Il Tribunale del capoluogo lombardo ha riconosciuto al Comune di Milano, parte civile nel processo alla ‘zona grigia’ della ‘ndrangheta, il ”danno all’immagine” per la presenza di una vera e propria “borghesia mafiosa” che getta “discredito” sulla “visibilità internazionale” della città, soprattutto in quanto “sede dell’Expo 2015”. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza con cui sono stati condannati anche l’ex magistrato Vincenzo Giuseppe Giglio e il consigliere regionale calabrese Franco Morelli.

Lo scorso 6 febbraio, nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta sulla cosca dei Valle-Lampada – coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal pm Paolo Storari – erano arrivate 9 condanne, tra cui i 4 anni e 7 mesi di carcere per l’ex magistrato del tribunale di Reggio Calabria, Vincenzo Giuseppe Giglio, gli 8 anni e 4 mesi per il consigliere regionale calabrese del Pdl Franco Morelli, i 16 anni per il presunto boss Giulio Lampada e i 9 anni e 6 mesi per Leonardo Valle.

Nelle 799 pagine di motivazioni, depositate ieri, i giudici dell’ottava sezione penale (presidente del collegio, Luisa Ponti) spiegano anche perché hanno riconosciuto al Comune di Milano un risarcimento per danni patrimoniali e morali di 1,4 milioni di euro.

In relazione al “danno all’immagine” il collegio chiarisce che “la consistenza del medesimo è ben apprezzabile in correlazione altresì al clamore mediatico conseguito agli arresti degli imputati, che hanno avuto sottolineature assai negative sulla stampa con relativo allarme sociale”. Clamore, si legge ancora, “che ha proiettato, una volta di più, nel Paese e soprattutto all’estero una immagine negativa di Milano come luogo e collettività palcoscenico di operatività mafiosa politico-economica con discredito morale”. I giudici evidenziano, inoltre, “la connotazione peculiare della componente Lampada” della presunta cosca, “che ha operato sul territorio milanese a livello prevalentemente imprenditoriale ed aveva anche iniziato opera di infiltrazione nell’ambito del consiglio comunale”.

Sul punto segnalano i rapporti tra Giulio Lampada e “Vagliati Armando”, consigliere comunale del Pdl, che venne indagato e la cui posizione fu poi archiviata. I giudici parlano di “danno alla potenzialità dell’economia cittadina”, perché la “presenza mafiosa” disincentiva “gli investimenti”, vanificando “i ciriteri di concorrenza”. Nelle motivazioni si fa presente poi come il Comune di Milano abbia “indubbiamente un’elevata visibilità internazionale, soprattutto nell’attualità e in quanto sede dell’Expo 2015, sicché il danno all’immagine è tanto più incisivo e impone una implementazione di attività e correlate risorse per rimediare agli effetti negativi”.

Nelle restanti centinaia di pagine i giudici ricostruiscono i tanti aspetti dell’inchiesta, tra cui anche il tentativo di Giulio Lampada, attivo nel business delle slot machine, di arrivare ai “Monopoli di Stato”, anche tramite Franco Morelli, “perché Morelli – scrivono – poteva vantare rapporti stretti con Alemanno”, ex sindaco di Roma, “la cui sorella era massimo dirigente dei Monopoli”. Sia l’ex primo cittadino che la sorella sono stati sentiti come testi nel processo.


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