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Mentre L’Aquila muore, il popolo delle carriole finisce sotto processo per aver cercato di salvare la città
03 Lug 2013 07:06

Mentre la Presidente Boldrini, in visita a L’Aquila, si soffermava commossa tra le macerie, alcuni aquilani si trovavano presso il Tribunale, chiamati a processo perché Il 28 marzo 2010 “armati di carriole” per rimuovere le macerie, entrarono i zona rossa. L’ennesima “scarriolata” dei cittadini aquilani non venne autorizzata perché era domenica e in quel giorno erano aperte le urne per il rinnovo del Consiglio Provinciale; quei cittadini muniti di carriole e tanta buona volontà, vennero ritenuti “propaganda elettorale” e quindi accusati:

  1. Di aver promosso e partecipato ad una manifestazione non autorizzata
  2. Di aver violato la zona rossa
  3. Di non aver rispettato il silenzio elettorale

Di processi di questo genere e risalenti ad eventi del 2010, ce ne sono a bizzeffe: varie manifestazioni non autorizzate, varie “passeggiate” in zona rossa con carriole, occupazioni di spazi pubblici e svariate altre amenità. Personalmente ho anche pagato un’oblazione di 130 Euro perché, non mi ricordo più quando, sostavo in una piazza del centro storico martoriato, in zona rossa. Premettendo che c’è un’ordinanza del sindaco a tal proposito, le nostre incursioni in zona rossa non erano “uno sberleffo” nei confronti dell’autorità, quanto un gesto di tutta la comunità che chiedeva e chiede ricostruzione, lavoro, impegni precisi.

Per due delle manifestazioni più grandi del 2010 (blocco dell’autostrada A-24 e manifestazione a Montecitorio-Roma) i processi sono stati avviati e, curiosamente, il procedimento per il blocco dell’autostrada, al quale parteciparono in prima fila politici locali, è stato archiviato, il secondo, invece, prosegue e non si riesce a capire come mai per una manifestazione pacifica nella quale venimmo persino picchiati senza motivo, sotto processo ci siamo noi, e non altri.

Fu un’annata per certi versi terribile, quella del 2010: trovavamo polizia, spesso in assetto anti-sommossa ovunque, persino quando non portavamo con noi l’arma di distruzione di massa, cioè la carriola. Successe, ad esempio, il 26 luglio 2010, mentre ci recavamo al Convegno dal titolo “L’Aquila 2020, e poi?” durante il quale ci vennero presentati 4 dei tanti saggi che si dovevano occupare dell’Aquila. Trovammo la strada sbarrata e dopo qualche urlo, ci fecero entrare, ad un convegno! Ma successe anche davanti all’aula del Consiglio Regionale  il 22 settembre 2010 dove trovammo ad accoglierci ben 75 poliziotti in assetto anti-sommossa, con tanto di scudi e caschi (qualcuno con giubbotto anti-proiettile), noi volevamo solo assistere alla seduta.

Così mentre una città muore, con responsabilità enormi da parte di molti, mentre le nostre case disabitate sono state svuotate dei nostri ricordi, mentre la non trasparenza fa pensare a reati gravi, qualcuno potrebbe andare a processo per questa passeggiata, anzi per questo sogno di poter ancora passeggiare in città.


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