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“Mi vergogno di voi…”. Così Gianni Morandi difende Napoli dal razzismo della curva del Bologna
22 Gen 2014 06:19

E’ un amore grande quello di Gianni Morandi per Napoli, città che ama e che lo ricambia da mezzo secolo. Qui, proprio su via Partenope, cinquant’anni fa, conobbe la madre dei suoi figli, Laura Efrikian. E storiche sono le scene di “In ginocchio da te”, anno 1964, con i due davanti alla fontana del Gigante del Bernini sul lungomare, o al parco Virgiliano, a Posillipo, da cui si intravede l’allora attiva Italsider di Bagnoli, in particolare il pontile Nord, oggi pedonalizzato e restituito alla città.

Storia di Napoli, storia della musica, storia del cinema, ma anche storia del calcio. Gianni Morandi, con altri cantanti, ha fondato la nazionale italiana dei cantanti, spesso ospite del San Paolo, sempre applauditissimo, sempre idolatrato, così come ogni volta che ha tenuto un concerto sotto il Vesuvio.

Negli anni non ha mai nascosto il suo amore per la città, e nei giorni scorsi, in qualità di presidente onorario del Bologna calcio, alla vigilia di Bologna-Napoli aveva voluto rendere omaggio sia al compianto Lucio Dalla (che sempre si era dichiarato cittadino onorario di Napoli) che alla tifoseria partenopea, proponendo dalle pagine della Gazzetta dello Sport che i tifosi di Bologna e Napoli si ritrovassero allo Stadio “uniti nelle note del capolavoro di Lucio Dalla”, dedicato a Enrico Caruso.

Le cose non sono andate come sperava il Gianni nazionale: mezz’ora prima della partita dalla curva del Dall’Ara era partito il solito coro razzista: prima “Vesuvio lavali col fuoco…”. Poi lo striscione: “Sarà un piacere quando il Vesuvio farà il suo dovere”. E infine l’affronto più grande: l’incitamento a “incendiarci vivi” durante le note di Caruso.

«Ieri allo Stadio di Bologna è successo qualcosa di inqualificabile e di cui mi sono vergognato – è stato il durissimo commento di Morandi sulla sua pagina Facebook prima dell’inizio della partita sono comparsi striscioni intollerabili contro la squadra e la città di Napoli e mentre le note di Caruso con la voce di Lucio risuonavano nell’aria, una parte della curva dei tifosi rossoblu ha cominciato a fischiare. Non credevo che il tifo fosse degenerato a questo punto», si sfoga, ricordando con tristezza i tempi in cui il Dall’Ara «veniva preso ad esempio per la civiltà e la sportività del pubblico che sapeva addirittura «applaudire la squadra avversaria quando giocava meglio della nostra. Non so quanti fossero ieri quegli incivili, capaci di un simile comportamento, razzista ed offensivo – conclude il cantante – spero fossero pochi, ma certamente io non mi riconosco in loro, che oltraggiano la figura di Lucio e insultano gli avversari con questa maleducazione deficiente. Essere il presidente onorario, anche se è una carica simbolica e forse inutile, non mi piace più”.

E noi napoletani doc ringraziamo chi ha il coraggio di andare oltre la follia ultrà. Perché va detto che Bologna è una gran bella e civile città ma certo non è possibile chiudere gli occhi di fronte all’ennesimo episodio di razzismo. Gianni non può, anche perché mentre i tifosi del Napoli applaudivano durante Caruso, i suoi concittadini – una parte, va detto – fischiavano e intonavano cori razzisti. Mancando di rispetto anche alla memoria di Dalla.

“La bellezza di Totò è la bellezza di Napoli. Napoli sembra una città, ma è una nazione. Io non posso fare a meno, almeno 2-3 volte al giorno di sognare di essere a Napoli “, diceva l’autore di Caruso che per 12 anni studiò studio 3 ore alla settimana il napoletano. “Se ci fosse una puntura da fare intramuscolo, con dentro il napoletano, tutto il napoletano, che costerebbe 200.000 euro io me la farei, per poter parlare e ragionare come ragionano loro da millenni” era l’idea di Dalla.

Ora sono tutti solidali con Morandi, sindaci e istituzioni calcistiche, che invitano Morandi a ripensarci.

La Curva Bulgarelli del Bologna, invece, per i cori e gli striscioni razzisti contro Napoli è stata chiusa un turno con la condizionale: per il Bologna è la prima sanzione di questo tipo e, quindi, è stata applicata la sospensione.

Giustizia forse è fatta, ma l’amarezza no, quella resta.


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