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Il calcio oppio dei popoli o ancora di salvezza?
04 Ott 2021 14:02

di Oscar Buonamano

Quando il calcio e lo sport in generale sono al servizio del potere politico o dell’establishment certamente è oppio dei popoli, ovvero serve a distogliere l’attenzione sulle criticità per poter lasciare campo libero al manovratore di turno. Gli esempi sono tantissimi e anche molto clamorosi. Si pensi, per esempio, all’Argentina del generale Videla, ai desaparecidos e alla nazionale campione del mondo nel 1978 che servì a coprire tutto il malaffare e gli omicidi che si concretizzavano contestualmente alle vittorie sul campo. Oppure al ruolo che hanno avuto le vittorie del Milan, in campo nazionale ed internazionale, nell’ascesa politica di Silvio Berlusconi.

L’immaginario collettivo, spesso, è influenzato e si costruisce su narrazioni nocive che sono funzionali alla gestione o alla presa del potere, politico ed economico.

Quando, viceversa, il calcio e lo sport in generale non sono al servizio del potere politico o dell’establishment può invece svolgere una funzione maieutica per le comunità. Può essere uno stimolo, un contributo per superare i momenti di difficoltà. Un’ancora di salvezza.

Ieri al triplice fischio finale della partita Foggia-Messina, l’allenatore del Foggia, Zdeněk Zeman, è stato intervistato a bordo campo sull’esito dell’incontro e ne ha dato una dimostrazione plastica.

Con la sua calma olimpica (giova ricordare che quando l’allenatore di Praga svolse il corso di Coverciano per diventare allenatore professionista si sottopose come tutti i candidati ad un test che misurava la capacità di gestire lo stress e che il suo risultato fu il migliore di tutti i partecipanti), dopo aver esaminato la partita da un punto di vista calcistico, si sofferma sulla condizione materiale della città di Foggia. Lo spunto è la domanda dell’intervistatore che gli chiede se le vittorie sul campo della sua squadra possono essere un modo per ricambiare tutto l’affetto che il popolo rossonero nutre nei suoi confronti.

Il muto, così come e lo chiamano affettuosamente le persone a lui più vicine, mai banale e scontato nelle sue riposte, tende una mano alla città che sta attraversando uno dei momenti più difficili della sua storia urbana.

«Spero che riusciamo a dare soddisfazione ai tifosi e non solo a loro. Foggia come città è all’ultimo posto in Italia, ha bisogno di crescere e spero che il calcio l’aiuti a crescere».

Zeman si riferiva alle classifiche sulla qualità della vita nelle città italiane che vedono il capoluogo dauno costantemente agli ultimi posti. E lancia un messaggio molto importante se analizziamo bene la sua risposta.

La soddisfazione che la squadra di calcio regala in questi momenti di euforia non è soltanto per i tifosi, ma per tutta la comunità foggiana. Sappiamo che Foggia ha bisogno di crescere e per crescere c’è bisogno di tante cose, tra queste la fiducia in sé stessi e la positività. Questo è il contributo che la nostra squadra di calcio può dare alla città.

Non solo 4-3-3, catene di destra e di sinistra, attaccare la profondità, magari provare a vincere il campionato, c’è in ballo molto di più: riacquisire senso di orgoglio e di appartenenza.

Il nuovo Foggia di Zeman è alla seconda vittoria consecutiva, s’intravedono bellezza e spensieratezza nelle giocate mandate a memoria durante gli allenamenti, adesso è tempo di riappropriarsi di una cultura urbana degna di questo nome. Con lo stesso spirito del capitano Curcio e dei suoi compagni di squadra anche Foggia e i foggiani devono ricominciare a vincere. Lo devono alla storia della città e a loro stessi. Lo devono ai loro figli.


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