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Camorra, il ritorno di Pasquale Scotti in Italia e i misteri da svelare
15 Mar 2016 08:35

Si è lasciato andare, smettendo i panni del feroce capocamorra. Si è lasciato andare, piangendo senza riserve, Pasquale Scotti sull’aereo che lo portava dal Brasile a Roma. «La mia vita è distrutta» ha sussurrato agli agenti di polizia che lo hanno prelevato in Brasile per portarlo nel carcere romano di Rebibbia.

Trentuno anni di latitanza dei 58 vissuti, un cupo passato da capozona nella follia criminale di Raffaele Cutolo: la Nuova camorra organizzata (Nco), struttura delinquenziale piramidale costituita nel carcere. La camorra divenne di massa e si «mafizzò», per saldare alleanze con la ‘ndrangheta. Cutolo «fece società», come si diceva allora quando il termine «sistema» per indicare la camorra non era ancora coniato, e raccolse disperati, piccoli criminali, guaglioni violenti pronti all’ascesa sociale promessa da quel progetto violento.

E Scotti, nativo di Casoria, divenne un capozona. Un referente su quel territorio a nord di Napoli, ma soprattutto uno dei più spietati killer delle «batterie di fuoco» della Nco che rappresentavano la forza dell’organizzazione sui nemici dei gruppi della Nuova famiglia (Nf). Scotti uccideva, gestiva estorsioni, contrabbando di sigarette, droga. Riuscì ad evitare l’arresto nel maxiblitz del 17 giugno 1983 e si propose come nuovo capo della Nco. Lo presero, a dicembre, gli agenti guidati da Franco Malvano che lo definì «lucido e spietato».

Ricoverato all’ospedale civile di Caserta, fece promesse di collaborazione con la giustizia con Mauro Marra, altro affiliato alla Nco arrestato con lui. Diede un’intervista al settimanale «Oggi» spiegando che «Tortora è innocente, vittima di falsi pentiti». Si accusò di 25 omicidi, ma il vero bluff fu il suo, nonostante avesse fornito indicazioni ai magistrati sugli uomini della Nf poi arrestati nel 1984. Evase il 27 dicembre 1984, calandosi dall’ospedale con una corda di sei metri. Lo aspettava un’auto con dei complici. Da allora scomparve, dal 1990 divenne tra i latitanti più pericolosi. Segnalato in Cecoslovacchia, in Polonia, con depistaggi sulla sua cattura. Gli agenti seguirono il fratello Giuseppe su una nave da crociera, trovarono nella cabina un biglietto: «Buone vacanze a tutti».

Primula rossa, l’uomo dei misteri, il fazendero preso a Recife e diventato businessman in Brasile. Una condanna all’ergastolo, la sicurezza di dover scontare almeno 30 anni di galera, Scotti ha detto di non essere più quello di tanti anni fa. Di certo, in Italia i magistrati della Direzione nazionale antimafia cercheranno colloqui investigativi, per portarlo ad una, stavolta vera, collaborazione con la giustizia. Rispetto al 1983, oggi ci sono leggi, contratti, regole, garanzie. E a Scotti potrebbe convenire, per evitare un carcere duro e una vita cui è ormai disabituato.

Uomo dei misteri? Le sentenze dicono che fu lui a uccidere la donna di Enzo Casillo (il «Cutolo fuori dal carcere»): Giovanna Matarazzo. Potrebbe dire molto sulla morte proprio di Casillo, saltato in aria con la bomba messa nella sua auto a Roma. Era libero nel periodo della trattativa per la liberazione dell’assessore Ciro Cirillo, ma il giudice che condusse l’istruttoria, Carlo Alemi, è scettico sul ruolo che in quella vicenda realmente poteva aver avuto Scotti. Da capozona, forse, sa e ha sentito qualcosa sul delitto del banchiere Roberto Calvi, della trattative con protagonista Cutolo con i terroristi, degli incontri in carcere di politici con il capo della Nco. Ma, quasi certamente, in maniera indiretta. Potrebbe spiegare chi lo aiutò ad evadere con tanta facilità, come riuscì ad ingannare tanta gente sul suo pentimento, come ha potuto condurre una latitanza così lunga.

Lo chiamavano «‘o collier» per il regalo fatto alla moglie di Cutolo, ma anche l’ingegnere. Ripulito anche nei modi, Scotti è stato protagonista di uno dei periodi più sanguinosi nella storia della camorra campana. Persino Luigi Cesaro, poi deputato Pdl, ammise che aveva chiesto a Rosetta Cutolo, sorella di don Raffaele, di intercedere su Scotti che gli aveva chiesto il pizzo. C’è attesa per dichiarazioni sul passato, nei buchi neri rimasti nella storia della Nco. Passato, appunto. L’oggi è cosa troppo diversa, con tante camorre diverse: nella provincia, nella città di Napoli, nell’area casertana.

*commento pubblicato in prima pagina su Il Mattino di Napoli l’11 marzo 2016


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