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Il disastro di Puglia. Una foto drammatica di un passato lontano
19 Lug 2016 08:35

Che si può dire, mentre si viaggia in treno in Puglia, poco dopo il drammatico incidente ferroviario della Ferrotranviaria?

Uno dei nostri treni; di molti dei miei studenti, di tutti noi per i collegamenti con l’aeroporto.

Certo, un senso di sgomento, una tristezza infinita. Ma anche due considerazioni che vengono subito alla mente.

1) Un’inchiesta ci spiegherà le cause del disastro. Ma le foto disponibili ci raccontano di un evento davvero assurdo come uno scontro frontale su un binario unico. Una foto come quelle che purtroppo ci vengono dai luoghi più sottosviluppati del pianeta, come quelle che ci vengono da un passato lontano. Una foto che sembra irreale, in un mondo in cui la diffusione di sensori e sistemi di comunicazione consente a tutti noi, anche con uno smartphone dei più semplici, di avere informazioni dettagliate sull’ambiente in cui ci troviamo. Sapremo presto. Spero, come sia potuto succedere. Ma resta la costernazione di verificare che sui quei treni, quei poveri macchinisti non disponevano, evidentemente, nemmeno di un semplice apparato funzionante in grado di dire loro se i binari che stavano percorrendo erano liberi o meno. La costernazione di un mondo in cui riusciamo ormai facilmente a localizzare oggetti e persone, e non si riesce evidentemente a sapere se un binario è libero (con sistemi di sicurezza automatici che entrano in funzione).

2) Ogni tragedia è un evento a sé, ma dietro di questa ci sono scelte politiche di investimento che da troppo tempo caratterizzano l’Italia. Come mostrano tutti i dati e i rapporti disponibili, si sono create fratture. Fratture per tipologie di trasporto, con grandi investimenti sulle ferrovie ad alta velocità, a buon rendimento di mercato; utilissime, certo; ma in un paese in cui sono invece ridotti al minimo gli investimenti sulle reti locali e sul trasporto pendolare, come fra gli altri l’annuale “Pendolaria” di Legambiente documenta con precisione. E fratture geografiche, con investimenti ferroviari nel Mezzogiorno ridotti al lumicino, ad una quota assai limitata di un totale nazionale in contrazione, come documentato dal recentissimo Rapporto del sistema dei Conti Pubblici Territoriali. Così resta normale che nel 2016, come cento e più anni prima, vi sia un’elevata quota delle ferrovie del Sud a binario unico.

C’è sempre fatalità, il gioco della sorte. Ma si può e si deve ridurle al minimo, ritrovando la lucidità politica di tornare ad investire più e meglio sui nostri grandi servizi collettivi. E di farlo a tutte le latitudini. Per restituire ai ragazzi del Sud, di cui molti, temo, affollavano quel treno, la dignità di vivere in luoghi nei quali almeno i grandi servizi pubblici, dalla sanità all’istruzione, alla mobilità, sono garantiti.


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