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Il terzo stato del Sud
24 Lug 2014 09:51

Il meccanismo diabolico in cui è sprofondato il Sud, a cavallo degli anni ’50, fa pensare al regno della iattura.

Prima l’invasione dei Savoia, in virtù di una problematica Unità, poi una spaventosa guerra, terminata con la distruzione di case, porti, strade, ponti, arte.

La ricostruzione e lo sviluppo che ha seguito tale evento, è stata una gigantesca macchina elettorale. Un meccanismo diabolico, appunto, dove il voto veniva scambiato con il dovuto. Nel senso che ciò che spettava di diritto, è stato “piazzato” come merce di scambio.

Non si deve generalizzare, ovviamente, come per tutte le cose della vita. Ne’ bisogna ingigantire. Ma la classe dirigente nazionale, in parte, e quella locale, in parte, hanno fatto a pezzi il senso dello stato, lì dove esso era già debole.

Il Sud, non è stato aiutato culturalmente, ad uscire da quel cono d’ombra, dove la storia l’aveva spinto.

Il clientelismo, a volte paternalistico, del ras locale, ha costruito un terzo potere, oltre a quello dello Stato e dell’antistato delle mafie.

Tale terzo potere, prevedeva la scelta sul territorio di un referente, che non era lo stato, ma che lo rappresentava.

Il risultato è stato la proliferazione di un meccanismo che ha pesato e pesa ancora, sulle menti del popolo meridionale.

Bisognava imparare a chiedere, mettersi in fila ed attendere il turno. Il concorso, la licenza edilizia, l’appalto pubblico, la strada comunale, interpoderale, l’illuminazione pubblica, anche un documento, sono stati spesso oggetto di scambio con voti. Quelli di intere famiglie, di singoli, o di aggregati per la causa. La paura dell’esclusione e la voglia di una certezza, hanno fatto saltare il fosso a troppi.

Negli anni Cinquanta nascono le radici del sistema, poi esse si sono raffinate e rese invisibili.

Il lavoro culturale dello Stato e di parti della società e quello delle Forze dell’Ordine, hanno iniziato a creare quel minimo senso di paura della punizione, che porta gli avventati a rivedere l’ostentazione del potere e l’esercizio spregiudicato di esso.

Così il terzo potere, da pratica alla luce del sole, erede della sopraffazione feudale, è divenuto uno strumento di forzatura conclamato, in cui si è attinto, ma in forme minoritarie.

Il lavoro attuale si è spostato in campo morale. Ovvero far comprendere la disdicevolezza di certe pratiche, in pezzi di territorio dove l’antistato ha ancora una forza coercitiva notevole.

La cultura della legalità sta divenendo la cultura della moralità. Ed in ciò la chiesa ha un ruolo importante.

Il “votificio” che la ricostruzione e la povertà ha aiutato a vivere senza affanni, è stato smantellato nelle sue forme più evidenti e devastanti.

La cosa più amara è che i campioni del clientelismo, una generazione ormai scomparsa anagraficamente, vengono ricordati nelle terre meridionali, come dei padri della patria artefici di ciò che era dovuto. A volte ricordati con nostalgia.

Ma in fondo anche essi sono state vittime di una ignoranza crassa che non li ha resi consapevoli sino in fondo di ciò che facevano.

Qualcuno di essi o tanti, sono morti convinti di meritare il premio del Paradiso.


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