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Violenza senza «mostro», sfida per l’educazione
08 Lug 2016 08:45

Se lo stupro di gruppo fosse avvenuto in un quartiere povero e degradato, avremmo già la risposta pronta. Se a violentare la sedicenne di San Valentino Tuoro fosse stato un adulto, magari extracomunitario, avremmo già messo il cuore in pace.

Un “mostro”, o, meglio, un “orco” ha fatto questo. Mettiamolo alla gogna. Rinchiudiamolo e poi gettiamo via la chiave. Stavolta, e non è la prima volta, le cose non stanno così. Gli “orchi” non sono “orchi”, ma normalissimi adolescenti tra i 15 e i 17 anni. E lo scempio è avvenuto in un ridente paesino alle porte di Salerno. I conti non tornano. Inveire? Lascia il tempo che trova. Ci scandalizziamo ed è un bene, ma dobbiamo pur trovare il coraggio per porre un freno a tanta sofferenza.

Pur consapevoli di muoverci su un terreno minato, possiamo tentare di indagare in questo guazzabuglio che è il cuore umano? Lungi da noi il pensiero di voler giustificare o sminuire le responsabilità di questo episodio atroce. Vogliamo solo tentare di avviare una riflessione. Il problema che salta agli occhi è quello educativo. I genitori sono chiamati in causa. E così la scuola e quelle che chiamiamo le agenzie educative. Tutte. Su di loro si addensano la maggior parte delle responsabilità.

Ma una domanda è d’obbligo: quanto spazio hanno i genitori, oggi, nell’educazione dei figli? I nostri antenati provvedevano a difendere i figli dai pericoli. E per farlo, tra le altre cose, la sera chiudevano la porta a chiave, per lasciare fuori quel mondo nel quale si nascondono insidie, tranelli, nemici. Oggi quel mondo lo abbiamo fatto entrare in casa. Gli abbiamo spalancato la porta. Lo abbiamo fatto accomodare in salotto e in camera da letto, senza opporre alcuna resistenza. Lo trattiamo da amico anche quando è un terribile nemico. Anche quando ci riversa nel cuore e nella mente un vero e proprio immondezzaio. Un letamaio da cui è difficile, quasi impossibile difenderci. Conosco l’ obiezione: ognuno è libero di premere o meno quel determinato tasto. Di collegarsi a quel sito online.

Non sempre è vero. La psicologia e l’ esperienza ci hanno insegnato che se un adulto, forte della sua maturità e delle sue convinzioni, può resistere alla tentazione di penetrare in abissi che attraggono e distruggono, non così accade al ragazzino. La sua giovanissima età lo porta a voler vedere, sapere, provare tutto. Naturalmente, senza avere la capacità di discernere il bene dal male. Il virtuale dal reale. Ma la possibilità per i genitori di intervenire nell’educazione dei propri figli si assottiglia sempre di più. E questo è il vero dramma. Un dramma che tutti ammettono e di cui molto poco parlano.

I moderni mezzi della comunicazione che i nostri ragazzi hanno a disposizione in tutte le ore del giorno e della notte, mettono in mostra le più aberranti scene di sesso esplicito come se fossero del tutto normali. In quei contesti il sesso viene presentato come se fosse un gioco. E loro vengono invogliati, stimolati a giocare. Male che va, pensano, come avviene nel mondo virtuale, con un clic si cancella tutto. I nostri ragazzi vedono tutto, sanno tutto, parlano di tutto, senza aver bisogno di chiedere. E noi adulti fingiamo di non sapere che “l’ occhio non si accontenta mai di vedere” e che dopo aver visto viene la voglia di sperimentare. Sto dicendo cose ovvie come l’ acqua della fonte, eppure molto disattese.

Da soli, naturalmente, non arriveremo a fare un bel niente. Siamo stati catapultati in un mondo irreale e pur così reale che è più grande di noi. Un mondo di interessi milionari e di faccendieri senza scrupoli. Ma una presa di coscienza per non lasciare i nostri figli in balìa di questi colossali mostri della onnipotente e onnipresente pornografia o, addirittura, pedopornografia on line dovrebbe essere messa nelle prime pagine delle agende dei nostri governanti. Abbiamo fatto finta di dimenticare che le passioni, le pulsioni, sono delle forze potentissime che trascinano tutti, in particolare gli adolescenti. Ed è per questo che hanno bisogno di essere monitorate, studiate, tenute sotto stretto controllo della volontà, dei sentimenti, dell’intelligenza. In caso contrario possono provocare – e di fatto hanno provocato e provocano – disastri e sofferenze a non finire. L’educazione sessuale – importante e indispensabile – non è mera informazione “tecnica”. Necessita di buoni insegnanti e di ottimi testimoni.

Non si tratta – come qualcuno bellamente crede – di conoscere l’ anatomia e la fisiologia degli organi genitali. Si tratta di accompagnare pian piano i nostri figli alla conquista e alla gestione responsabile della loro sessualità, della loro affettività, dei loro sentimenti. Si tratta di aiutarli a distinguere l’innamoramento dall’amore; l’ atto sessuale da un rapporto di coppia sereno ed equilibrato. Si tratta di aiutarli a capire che la sessualità, se vissuta bene, è un dono di inestimabile valore che non può che condurre alla libertà, alla fiducia data e ricevuta e alla felicità. Mi rendo conto che non è facile, ma credo che sia possibile. «L’educazione è cosa del cuore», diceva san Giovanni Bosco. Penso che si riferisse a tutta l’educazione, anche a quella sessuale. Abbiamo fatto una grande confusione e ne paghiamo le conseguenze. Occorre affrontare il problema con grande umiltà e competenza. Ma anche con grande determinazione. Se vogliamo davvero evitare ai nostri figli e alle nostre figlie – a stuprate e stuprati e a stupratori – sofferenze immani. E alla società imbarazzi e sensi di colpa senza fine.

(articolo apparso su Avvenire del 28 giugno 2016)


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