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Andrea e il cuginetto
18 Mar 2016 08:35

L’abbiamo ascoltata domenica scorsa a messa. Un diamante incastonato nello scrigno della Bibbia: la parabola del Padre misericordioso.

Dopo la bruciante esperienza fatta con le prostitute, i porci e le carrube, il figlio scavezzacollo fa ritorno a casa. Arriva sudicio, puzzolente, con la testa bassa e i piedi gonfi. La fame e la fatica lo hanno spinto a ritornare nel luogo dal quale era scappato via. È preparato a tutto. Ha messo in conto tutto. Suo padre gli rinfaccerà l’errore? Macchè. Il Vecchio gli corre incontro e lo accoglie a braccia spalancate. Gli mette l’anello al dito, la veste bella, i calzari ai piedi. Trabocca di felicità. Ha ritrovato il figlio. Non c’è tempo per le parole inutili. Vuole che si faccia festa. Gongola. Sembra un bambino in preda all’emozione.

E già pregusta il momento in cui anche l’altro figlio tornerà dai campi. È pronto per abbracciare anche lui. Magari in un unico abbraccio a tre. Mani che si sfiorano. Volti che si scrutano. Cuori che galoppano. Il Padre con i figli. L’Eterno nel tempo. Il Tutto nel frammento. Don Mazzolari: «Non bisogna calunniare l’ uomo … ». È più grande di quanto egli stesso creda. I figli che si cercano, si rispettano, si amano: il sogno di ogni padre. Invece no. Il maggiore fa il muso lungo. Mette il broncio. Si indispettisce. Non vuole entrare. Non entra. Don Mazzolari: «Basta essere uomo per essere un pover’ uomo … ».

E il Padre ancora una volta esce in cerca di suo figlio. Il bravo. Quello che è rimasto in casa. “Forse non ha capito” pensa. “Entra, presto, vieni, corri, tuo fratello è ritornato … ” gli grida. “ Tuo figlio non è mio fratello” borbotta a denti stretti il maggiore. Il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?». «Allora Giuseppe andò in cerca dei suoi fratelli… Essi lo videro da lontano e … complottarono di farlo morire. Si dissero l’un l’ altro: ecco il sognatore arriva. Orsù uccidiamolo e gettiamolo in qualche cisterna … Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni». Il dramma dell’ umanità è tutto qua. Figli che non si riconoscono fratelli. E nascono i dissidi. Le gelosie. Le invidie. I conflitti. Gli egoismi. Le guerre.

Ma se accogliamo la grazia immensa di essere fratelli riusciremo a guardarci senza diffidenze, senza paure, senza pregiudizi. Se mi appartieni sarò più ricco, più forte, meno solo. Se resti solamente il figlio di mio padre sarai per me pietra d’inciampo. Occuperai i miei spazi. Ruberai il mio pane. E, invece, puoi diventare il mio paradiso. Basta volerlo. E io lo voglio. Se saremo fratelli prenderò sulle mie spalle il giogo che ti accascia. Ti chiederò di aiutarmi a portare il mio quando si fa pesante. Siamo nati per stare insieme. Per volerci bene. Per essere famiglia. Comunità. Sentite questa. È troppo bella per tenermela per me.

Andrea ha fatto la prima comunione da pochi mesi. Un giorno viene a confessarsi. Con grande serietà mi apre il suo cuore piccolo e prezioso. Con altrettanta serietà lo ascolto. Chiede perdono a Dio. Poi: «Aspetta, padre. Non ho finito. Adesso debbo dire anche i peccati del mio cuginetto. Non può confessarsi perché non ha ancora fatto la prima comunione … ». Lo fisso. Gli sorrido. Spalanco gli occhi, scuoto la testa. “Parla, Signore, che il tuo servo ascolta”, farfuglio. Benedico lui e il cuginetto.

La sapiente innocenza dei bambini ci interpella. Ci scuote. Ci insegna verità degne di un trattato di teologia. “Portate i pesi gli uni degli altri” dice Gesù. A modo suo il piccolo Andrea si è fatto carico dei peccatucci del cuginetto e li ha portati ai piedi del Signore. Non è stupendo? Non so fino a che punto abbia coscienza della bellezza e della profondità del suo gesto. So solo che Dio parla. Ha parlato ancora. Facciamone tesoro.


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