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Le soffitte inimitabili delle case del Sud
23 Giu 2015 08:15

Le soffitte delle case del Sud hanno un aspetto particolare. Esse sono il riparo dalle nequizie quotidiane, oltre che luogo ove porre ciò che non serve più e ciò che momentaneamente è in disuso.

Le soffitte delle case del Sud, vennero dipinte mirabilmente in un celebre film di Antonio de Curtis. Trattasi di “Totò e le donne” di Mario Monicelli e Steno, datato 1952.

In tale film, il principe della risata, inizia un lungo monologo da una soffitta. In essa si aggiunge la presenza del futuro genero, Peppino De Filippo, che si produce in altrettanti monologhi.

Ma i soggiorni di Totò in tale confortevole soffitta, arrivarono al punto da far abbandonare la casa alla sua consorte (Ave Ninchi).

In uno dei monologhi Totò consiglia allo spettatore di trovarsi uno spazio in una soffitta per rifugiarsi durante la giornata. Ed è celebre la battuta: soffittizzatevi!

Credo che se le soffitte del Sud non fossero state così vitali per una casa, mai ad un meridionale come De Curtis, sarebbe venuto in mente di costruirci su una teoria, tramite un film.

Quando mio padre andava in soffitta, da bambino, vivevo quel momento in maniera entusiasta. E volevo che mi portasse notizie di essa. E lo invidiavo per l’esclusività dell’accesso, in quanto luogo non agevole al raggiungimento.

Quando alla mia casa venne aggiunto un piano e ricostruita la soffitta, non vedevo l’ora di entrarvi. E quando avvenne, vi trovai le obliquità di un tetto a pagoda ed un camino piccolo piccolo. Forse quella soffitta, si sarebbe dovuta tramutare un giorno in mansarda, ma rimase sempre tale. E io mi aspettavo che le venisse costruita almeno una scala a chiocciola, sotto l’elegante botola in legno di noce, per accedervi repentinamente.

La scala rimase nei desiderata ed io ebbi accesso raro. In essa custodii, per darle un tono remoto e di contegno, tante copie di giornali datati 1978, che riguardavano eventi particolari. Ne ricordo uno che in prima pagina titolava: “Blackout a New York”.

Sono andato via dal mio paese. La mia soffitta è rimasta esposta per più di trentennio ai furenti venti della Daunia, riportando danni prontamente riparati. Di quei giornali non so più nulla. Non li ho mai ricercati. Non volevo vederli consunti dal tempo, al punto di essere illeggibili.

Spero che resistano e che un giorno i miei nipoti, Ludovica e Francesco, li scoprano e li apprezzino per ciò che sono. Le tracce del tempo di una soffitta del Sud.


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