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La Basilicata può diventare una “Post Carbon City”, libera dal petrolio. Ecco come
18 Apr 2014 07:54

Da tempo nel territorio in cui sono cresciuto (l’AltoBradano e Banzi) si parla e si discute della ormai celebre questione Termodinamico, progetto proposto dalla società Teknosolar.

Non voglio entrare nel merito di questa discussione, poiché la diàtriba è già abbastanza accesa senza inserire anche una mia opinione.

Dico solo a riguardo che il dibattito non può incentrarsi da un lato sulla paura delle persone per motivi attinenti la salute e la sicurezza, dall’altro speculare sul bisogno e sulla mancanza di lavoro delle persone. Questo è inaccettabile! Occorre invece conservare un equilibrio dovuto, specie le istituzioni, dato il tema così complesso e delicato.  Pertanto questo mio intervento non è per andare a favore o contro il progetto, ma per fare un ragionamento che può svilupparsi in ogni caso.

Il nostro territorio è e sarà sempre di più interessato dalla “questione energetica”, tanto che la maggior parte degli impianti eolici della Basilicata verranno per lo più installati nel nord della nostra regione.

Tutto ciò lo “subiamo”, lasciatemi passare il termine, e non lo abbiamo indirizzato o a volte neanche voluto, ma la presenza del Piear regionale (Piano Energetico Regionale) e della legge regionale a riguardo, non ci ha consentito una discussione “a monte” circa l’utilità e l’utilizzo a favore dei cittadini di questa tecnologia rinnovabile.

E’ indubbio, infatti, che l’installazione di questi parchi “avvantaggi” solo le aziende che li propongono, offrendo (così prevede la legge) alle amministrazioni locali solo un PSL (piano di sviluppo locale) una tantum e a seconda della potenza in MWh installata.

Non voglio dilungarmi su cosa le amministrazioni, a norma di legge, possano prevedere o hanno già previsto nei PSL da concordare con le aziende, ma credo che questa possa essere un’occasione per le amministrazioni locali e per i cittadini di fare un salto di qualità nella gestione e nella visione di una comunità nei prossimi vent’anni.

Ritengo infatti che si stia perdendo un’occasione, soprattutto nel mio territorio, di pensare alla sostenibilità energetica e più in generale allo sviluppo sostenibile di una Comunità. Penso ad un orientamento che programmi e abbia una visione su come le nostre Comunità possano autosostenersi energeticamente attivando percorsi virtuosi di sostenibilità energetica con un approccio più a favore dei cittadini che delle aziende.

Un piano di sviluppo, in pratica, che non si accontenti di un “una tantum”, ma che generi benefici per i cittadini per i prossimi vent’anni almeno.

Gli Impianti di microgenerazione, infatti, possono essere un’importante occasione di rilancio per le amministrazioni locali e si collocano in perfetta coerenza con gli obiettivi fissati dal PIEAR.

Particolarmente, gli impianti microeolici permettono di traguardare i seguenti obiettivi individuati nel PIEAR: la gestione sostenibile delle risorse naturali; la generazione distribuita.

La microgenerazione distribuita consente di immettere energia nella rete elettrica regionale con scarsa o nulla “intrusività”. In altre parole, a differenza di quanto accade per i grossi impianti di produzione multimegawatt, non si rendono necessarie modifiche sostanziali alla rete esistente che nella totalità dei casi si avvantaggia della presenza di questi nuovi punti d’immissione. Infatti, la rete elettrica nazionale nasce principalmente come rete unidirezionale di distribuzione dell’energia, ovvero come rete di connessione tra le utenze sparse sul territorio e pochi grandi impianti di produzione.

In un sistema così fatto, l’immissione di piccoli quantitativi di energia paragonabili per entità ai fabbisogni delle utenze localizzate in prossimità del punto d’immissione è un evento auspicato poiché consente di “alleggerire” la rete nel suo complesso e di ridurre drasticamente le perdite che inevitabilmente si determinano per “effetto Joule” allorquando si è costretti a trasportare grosse quantità di energia attraverso cavidotti lunghi anche centinaia di km. (In Italia si stima che tali perdite ammontino a circa il 7% dell’energia complessivamente trasportata dalla rete)

Attraverso i fondi importanti che dovrebbero arrivare dai PSL dell’eolico, quindi, si potrebbe pensare a fare noi, amministrazioni e cittadini, del cosiddetto minieolico in grado di generare una rendita annua per le casse delle amministrazioni locali, già troppo spesso dilapidate negli ultimi anni, e garantirci una rendita per i prossimi vent’anni.

Il guadagno economico (dovuto alla tariffa incentivante) che deriva dall’esercizio di questi impianti potrà certamente favorire la programmazione economica dell’ente locale, che conterebbe su nuove entrate, eventualmente anche riutilizzabili per ulteriori investimenti produttivi o per finanziare politiche di diffusione dell’energia rinnovabile a vantaggio dei propri cittadini.

Rendita che, attraverso i PAES (Programma di Azioni per l’Energia Sostenibile) potremmo “girare” ai cittadini e alla Comunità ogni anno per vent’anni, appunto, per realizzare bandi per un pannello fotovoltaico su ogni tetto, poi del minieolico, poi azioni di riduzione energetica, illuminazione pubblica a led, bandi per favorire abitazioni a impatto zero, riduzione in generale quindi della bolletta energetica pubblica e privata. Con benefici diretti, questi sì, a tutti, attivando inoltre un circolo virtuoso per le casse pubbliche di risparmi utili per altre politiche rivolte ai cittadini stessi. Entro il prossimo 2020, data di traguardo europea sulla sostenibilità energetica, Banzi e anche le altre comunità del comprensorio, potrebbero quindi andare ben oltre l’obiettivo del 20% di riduzione energetica e del 20% di produzione da fonti rinnovabili. Potremmo raggiungere davvero la parità energetica, cioè produrre da soli quanto ci serve, senza dipendere più dalle fonti fossili in primo luogo e contribuendo e diminuire il nostro inquinamento.

Potremmo diventare una Post Carbon City, una comunità libera dal petrolio, oltre che un esempio da imitare. Abbiamo già fornito prova di “saperci fare” nel nostro territorio per quanto riguarda la raccolta differenziata, primi in regione e in Italia, possiamo essere protagonisti anche di questa rivoluzione sostenibile e magari essere i primi anche in questo.


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