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La via crucis verso la soppressione delle Province. Il Governo Letta fa un passo in avanti, ma con tante incognite
08 Ago 2013 14:50

Nel corso del Consiglio dei Ministri dello scorso 26 luglio 2013, il Governo ha scritto un nuovo capitolo dell’ormai lunga e contorta vicenda che vede come oggetto il futuro istituzionale delle Province, provando a svuotarle di gran parte delle loro competenze.

Infatti, il Consiglio dei Ministri ha licenziato, in via preliminare, un disegno di legge che, a partire dal 1° gennaio 2014, dovrebbe trasformare le amministrazioni provinciali in enti di secondo livello, assegnando loro soltanto funzioni minime di pianificazione. Inoltre, il provvedimento in questione istituisce, in alcune zone d’Italia, le Città metropolitane, in sostituzione delle Province stesse.

Tale decisione governativa costituisce un ulteriore passaggio della nuova strategia assunta dal Consiglio dei Ministri dopo che la Corte Costituzionale, con la sentenza nr. 220/2013, ha sancito l’illegittimità costituzionale, sia dell’articolo 23 del Decreto Legge nr. 201/2011 (convertito in Legge nr. 214/2011, meglio noto come “decreto salva-Italia”), che trasformava le Province in enti di secondo livello, sia degli articoli 17 e 18 del Decreto Legge n. 95/2012 (convertito con la Legge n. 135/2012, meglio noto come “spending review”), i quali prevedevano la soppressione delle Province con meno di 350mila abitanti e un’estensione inferiore a 2.500 chilometri quadrati.

Tra l’altro, tale riforma, prima di essere dichiarata incostituzionale, era stata già “congelata” dalla Legge nr. 228/2012 (meglio nota come “Legge di Stabilità 2013”), prevedendo il rinvio dell’entrata in vigore delle poc’anzi citate disposizioni illegittime alla data del 1° gennaio 2014.

La predetta pronuncia della Consulta ha costretto il Governo ad intervenire, approvando, il 5 luglio 2013, un disegno di legge costituzionale, avente ad oggetto l’eliminazione del termine “Province” dagli articoli 114 e seguenti della Costituzione.

Tuttavia, visti i noti tempi di approvazione di una Legge Costituzionale, il Governo ha pensato, in dato 26 luglio 2013, di approvare anche il predetto disegno di legge ordinaria, che dovrebbe disciplinare il ruolo futuro delle Province nel lasso di tempo che intercorrerà fino alla loro definitiva soppressione “costituzionale”.

Ovviamente, entrambi i predetti provvedimenti dovranno prima acquisire il parere della Conferenza Unificata Stato-Regioni, per, poi, avere il via libera definitivo da parte del Consiglio dei Ministri. Soltanto a quel punto, i due disegni di legge (costituzionale ed ordinaria) potranno iniziare il loro iter presso la Camera dei Deputati ed il Senato ed essere approvati dai due rami del Parlamento, nel rispetto delle rispettive procedure legislative, “rafforzata” per l’uno , “ordinaria” per l’altro.

In altri termini, il lungo e complesso percorso che dovrebbe portare all’eliminazione delle Province è appena iniziato ed è anche condizionato dall’incerto futuro della presente legislatura.

Inoltre, appare evidente il fatto che anche questo nuovo tentativo di riforma istituzionale delle Province si connoti, come i precedenti, per l’assenza di organicità e di visione d’insieme relativamente all’organizzazione ed alle funzioni degli enti territoriali interessati. Infatti, la quasi totale rimozione di competenze in capo alle Province comporta una serie di problematiche che coinvolgono, sia la riassegnazione di tali compiti alle Regioni od ai Comuni, sia la ricollocazione del personale di diritto pubblico. Inoltre, non bisogna dimenticare la difficile questione della copertura contabile dei costi sottesi a siffatto passaggio di competenze.

Entrando nell’esame concreto del disegno di legge in questione, si evidenzia che esso, dovendo tener conto della permanenza nell’ordinamento istituzionale delle Province in attesa della riforma costituzionale che le dovrebbe abolire, istituisce un ente di area vasta, governato dai rappresentanti dei Comuni e dotato di poche funzioni di pianificazione.

Inoltre, non è più prevista la Giunta Provinciale ed il Presidente della Provincia è un Sindaco in carica eletto, con un sistema di voto ponderato, dall’Assemblea dei primi cittadini. Invece, il Consiglio Provinciale è costituito dai Sindaci dei Comuni con più di 15.000 abitanti e dal Presidente delle Unioni di Comuni del territorio aventi più di 10.000 abitanti.

Il disegno di legge prevede che la trasformazione debba essere avviata, entro 20 giorni decorrenti dalla data di proclamazione dei Sindaci eletti nelle prossime tornate amministrative, mediante l’elezione del Presidente e l’insediamento del Consiglio. Se il disegno di legge in questione avrà un iter parlamentare privo di intoppi, è ragionevole ipotizzare che le nuove Province dovrebbero essere operative tra circa un anno.

Come detto, il disegno di legge prevede che, a far data 1° gennaio 2014, nasceranno le Città Metropolitane nei territori di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria.

Le predette Città Metropolitane prenderanno il posto delle rispettive Province, subentrando nelle loro competenze e ricevendo anche i loro immobili e dipendenti. In particolare, le Città Metropolitane avranno specifici compiti in materia di:

  • pianificazione strategica;
  • servizi pubblici;
  • viabilità;
  • trasporti;
  • sviluppo economico.

Una volta costituite le nuove Città Metropolitane, inizieranno la procedure per l’approvazione dei rispettivi nuovi statuti, la quale dovrà essere conclusa nei successivi sei mesi.

In altri termini, a partire dal 1° luglio 2014, le Città Metropolitane saranno operanti e svolgeranno le loro funzioni attraverso i tre loro tre organi:

  • il Sindaco Metropolitano, cioè il Sindaco del Comune capoluogo;
  • il Consiglio Metropolitano, che sarà composto dal Sindaco Metropolitano e dai ai primi cittadini di tutti i Comuni con più di 15mila abitanti ed ai Presidenti delle Unioni di Comuni con più di 10mila abitanti;
  • la Conferenza Metropolitana, che sarà costituita tramite la partecipazione di tutti i Sindaci dei Comuni ricadenti nel territorio della Città Metropolitana.

In alternativa, a questo assetto istituzionale, il disegno di legge prevede che lo Statuto possa regolamentare un sistema di elezione a suffragio universale sulla base di una legge elettorale nazionale.


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