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Tutta la corruzione minuto per minuto. In un atlante
18 Nov 2013 08:15

Alberto Vannucci, professore di Scienze Politiche all’Università di Pisa, autore de: “L’atlante della corruzione”

Alberto Vannucci, professore di Scienze Politiche all’Università di Pisa, autore de: “L’atlante della corruzione”

Alberto Vannucci, professore di Scienze Politiche all’Università di Pisa e tra i massimi studiosi italiani da almeno un ventennio del fenomeno della corruzione, nei giorni scorsi è stato a Bari per presentare il volume, edito dal Gruppo Abele, “L’atlante della corruzione”.

1) La metastasi della corruzione, da Tangentopoli ad oggi, ha subito – come ha più volte affermato anche Piercamillo Davigo – un’evoluzione darwiniana: prima si corrompeva con le mazzette, oggi avviene anche attraverso la concessione di favori. Facendosi ancor più endemica e pervasiva. Si può dire, perciò, che la corruzione si è corrotta ancor più e lo Stato, spesso correo, sta perdendo inesorabilmente la partita della legalità e della giustizia sociale?

Anch’io sono vittima del “pessimismo della ragione”, ma non arriverei a tanto. Per citare Altan, in fondo è vero che “il nostro paese è ricchissimo di legalità sommersa”. La partita della legalità e della giustizia sociale – che sono intrecciate – richiede però un impegno che va al di là del breve periodo. Quella contro la corruzione non può che essere una “lotta di lunga durata” che ha qualche possibilità di successo solo se incide sui valori di fondo che orientano l’azione dei nostri amministratori pubblici. Ma anche dei nostri concittadini, che quegli amministratori li eleggono, e dovrebbero controllarli.

2) La Legge Severino, con la quale almeno formalmente è stata recepita la Convenzione di Strasburgo del 1999, lascia più ombre che luci: per esempio, se non erro, non interviene sull’autoriciclaggio, sulla materia della prescrizione, sui regimi sanzionatori e sulla possibilità di incentivare in un qualche modo la denuncia per rompere il solidissimo patto di convenienza che intercorre tra corrotti e corruttori. Come si evince dal suo libro, infatti, i numeri sono impietosi: a fronte degli episodi verosimilmente accaduti e scarsamente denunciati, in Italia in galera per corruzione non ci finisce praticamente nessuno. Se la politica non si converte, è una guerra persa per sempre?

Sono talmente tante e significative le omissioni della legge anticorruzione – si potrebbe aggiungere anche la mancata reintroduzione di una seria normativa contro i reati di falso in bilancio – che viene da chiedersi a chi abbia giovato una simile legge anticorruzione, almeno sedicente tale. Difficile immaginare una “conversione” della politica, di questa politica connivente, complice se non corrotta, a una maggiore sensibilità nei confronti dei temi dell’etica pubblica e del contrasto all’universo sotterraneo delle tangenti. E’ uno dei paradossi che ostacolano l’attuazione di efficaci politiche e misure anticorruzione nei paesi dove il fenomeno è maggiormente diffuso, visto che ad esserne danneggiati sono soprattutto quelle “cricche” di imprenditori protetti, politici e burocrati corrotti che quei provvedimento dovrebbero formulare, approvare, applicare. Per questo sono convinto che senza una forte e convinta pressione dal basso, senza l’attivarsi di efficaci meccanismi di partecipazione e di coinvolgimento della società civile nella lotta all’illegalità politica imperante, questo tema sia inevitabilmente destinato ad eclissarsi dall’attenzione del pubblico, a uscire – appena si attenua l’eco dell’ultimo scandalo – dall’agenda politica.

3) Il Ministro Brunetta, mi corregga se sbaglio, aveva proposto un provvedimento contro lo spoil system, ma l’Anci lo ha avversato duramente. E negli enti locali, soprattutto in ambito urbanistico e di lavori pubblici, pur in Comuni dove è stata varata la Carta di Pisa, non mancano gli episodi disdicevoli creando una sorta di saldatura tra la corruzione nazionale e quella locale. Prevedere stazioni uniche appaltanti presso le Prefetture e processi più trasparenti resi tali dall’ausilio dei supporti informatici può essere una buona soluzione?

Il campionario di misure che potrebbero rappresentare una barriera contro la corruzione è noto da tempo non solo a esperti e studiosi, ma anche alla stessa classe politica. Che non a caso quegli strumenti non li adotta, ne ritarda il più possibile l’introduzione e, se costretta, cerca di depotenziarli. Un codice etico non può modificare abitudini consolidate e stratificate nel tempo, così come la stazione unica appaltante di per sé non garantisce legalità e trasparenza nel processo di contrattazione pubblica. Sono però sicuramente passi nella direzione giusta, che è quella dell’assunzione pubblica di responsabilità da parte di chi governa, di semplificazione ed efficienza nei processi di scelta pubblica, di valorizzazione delle competenze e professionalità presenti nella pubblica amministrazione. Tutti fattori che prosciugano il brodo di coltura da cui la corruzione trae alimento.

4) La corruzione è prima di tutto un fatto culturale, morale ed individuale, prima che politico e collettivo. Non c’è solo l’aspetto giudiziario da considerare. Gli italiani non denunciano perché sono i primi corrotti e corruttori? O perché la sfiducia nelle istituzioni, che a tutti i livelli non danno il buon esempio con atteggiamenti coerenti e credibili, ha preso il sopravvento? Una società civile più corresponsabile e meno complice come dovrebbe agire, secondo lei?

Sfortunato il paese che ha bisogno di eroi, secondo Bertolt Brecht. In Italia troppo spesso la denuncia della corruzione somiglia a un atto eroico, che espone al rischio di rappresaglie. Sempre che ci siano degli esclusi che sanno e possono denunciare, mentre invece i protagonisti – corrotti e corruttori di comune accordo – dalla pratica quotidiana della tangente possono ricavare guadagni inimmaginabili con mezzi leciti, e quindi di denunciare non se lo sognano nemmeno. E’ certo poi che la corruzione alimenta una profonda disaffezione nei confronti delle istituzioni democratiche, oltre che della classe politica. In Italia questa sfiducia è negli ultimi anni ai minimi storici, neanche il 5 per cento dei cittadini si fida ormai dei partiti, quasi il 70 per cento è convinto che a livello nazionali la corruzione sia pervasiva. In un quadro di diffidenza così radicale è chiaro che quando si ha a che fare con politici e burocrati sia naturale la ricerca di contatti personali, favori, piaceri, magari anche pagando tangenti. E’ così che la politica e la burocrazia corrotta in qualche modo contribuiscono a consolidare un tessuto di relazioni sociali e di valori favorevole alla propria riproduzione. Ma, per tornare alla prima domanda, questo non è un processo inarrestabile, non è una via senza uscita. La società civile è fatta di individui consapevoli, informati e disposti a mettersi in gioco sulle questioni di interesse collettivo – come appunto la lotta alla corruzione –  e ciascun individuo non solo è responsabile delle proprie azioni, ma può anche incidere su quelle degli altri con il proprio esempio quotidiano ed esprimendo giudizi morali. La battaglia contro la corruzione italiana, contro i troppi “adoratori della dea tangente” – come li ha di recente appellati Papa Francesco –  contro questa realtà di latrocinio sotterraneo che sta letteralmente scavando la fossa sotto ai piedi delle nuove generazioni, non può che nascere da qua, da questa consapevolezza che deve tradursi in impegno condiviso.


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