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Water divide: il Sud ha sete ma gli investimenti finiscono al Nord
26 Mag 2021 06:46

  • Il water divide è l’indicatore per conoscere  le differenze tra territori nella gestione delle risorse idriche
  • Ci sono quasi 15 miliardi da spendere ma al Mezzogiorno ne arriveranno soltanto 3,8
  • La rete idrica del Sud si basa su infrastrutture vecchie che perdono acqua

Il Sud ha sete. Si chiama “water divide”  ed è l’indicatore utilizzato per conoscere  le differenze tra territori nella gestione delle risorse idriche e delle reti fognarie. Questa volta è l’acqua ad essersi fermata ad Eboli: esiste un divario ben marcato che separa le performance in materia di risorse idriche tra Sud e Nord del nostro Paese.

Al Sud arriveranno solo 3,8 miliardi

I soldi per rimettere in sesto le reti non mancano. Eppure, rispetto ai 14,9 miliardi di euro di fondi pubblici e privati che nei prossimi anni dovrebbero essere investiti nel settore su scala nazionale, soltanto 3,8 miliardi saranno destinati alle regioni del Sud. Il network idrico del mezzogiorno si basa ancora in gran parte su opere realizzate nel secondo dopoguerra e sugli interventi portati avanti dalla Cassa per il Mezzogiorno. Uno dei vincoli odierni allo sviluppo è la piccola dimensione dei gestori, che non hanno dimensioni economiche sufficienti a programmare investimenti.

La nomina dei commissari

La disparità tra Nord e Sud emerge in modo plastico dalla distribuzione delle risorse compiuta con la nomina dei commissari governativi. Tra le opere infrastrutturali ritenute strategiche per lo sviluppo del Paese, che valgono complessivamente 83 miliardi di euro, 2,8 miliardi saranno destinati alle infrastrutture idriche. Di questo tesoretto soltanto i 501 milioni di euro  ricadono al Sud, nello specifico due dighe, rispettivamente a Enna e Catania, affidate al commissario Ornella Segnalini.

La fotografia del water divide tra Nord e Sud è stata compiuta dal professore  Mario Rosario Mazzola, docente di costruzioni idrauliche dell’ Università di Palermo e consulente del Governo per la selezione dei progetti del Recovery Plan italiano. Nel suo studio  «Acqua per tutti. Investimenti nel comparto idrico e ruolo dei soggetti industriali», realizzato per la Fondazione Astrid, Mazzola mette in ordine le criticità del settore:   invasi e dighe del dopoguerra da ammodernare, perdite di rete superiore al 50% della portata, carenza di depuratori e fogne. Al danno si aggiunge la beffa: le carenze del settore idrico sono anche causa delle procedure di infrazione comunitaria: l’ 85% di queste riguarda le regioni meridionali.

Per Mazzola, senza un imponente ammodernamento, il water divide tra Nord e Sud rischia di ampliarsi. Un dramma epocale, anche considerando i dati sulla desertificazione prossima ventura. Alcuni dati spiegano la portata del disastro che incombe sul Sud:  in Sicilia, dove viene disperso il 50,5% di acqua dalle reti idriche. Fa peggio la Sardegna, dove il dato della dispersione raggiunge il 51,2%.

Il Pnrr

Che questa sia una delle sfide principali per il futuro del Sud si capisce anche dalla lettura del PNNR varato dal governo guidato da Mario Draghi, per accedere al Recovery Fund.

Il water divide è citato nella Riforma 4.2. Ecco come il governo presenta quelle misure: “garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati Nel Mezzogiorno l’insufficiente presenza di gestori industriali e l’ampia quota di gestione in economia traccia un quadro del comparto idrico molto frammentato e complesso: i gestori sono 1.069, di cui 995 Comuni che gestiscono il servizio in economia (in particolare, 381 in Calabria, 233 in Sicilia, 178 in Campania, 134 in Molise). Precedenti esperienze dimostrano che nel Mezzogiorno l’evoluzione autoctona del sistema non è percorribile senza un intervento centrale finalizzato alla sua risoluzione. La riforma è quindi rivolta a rafforzare il processo di industrializzazione del settore (favorendo la costituzione di operatori integrati, pubblici o privati, con l’obiettivo di realizzare economie di scala e garantire una gestione efficiente degli investimenti e delle operazioni) e ridurre il divario esistente (water service divide) tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno”.


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