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Caro Benitez, il gioco collettivo batte le individualità
29 Ago 2014 06:21

Eliminata la formazione massima e unica esponente del calcio del Sud a livello internazionale, partono inevitabili i processi e le critiche al progetto “Calcio Napoli”, all’allenatore Benitez, al Presidente reo di non aver completato in tempo utile la campagna acquisti necessaria a dotare il Napoli delle “armi” necessarie ad affrontare un doppio confronto delicato quanto importante come quello con l’Atletico Bilbao.

Da allenatore ritengo di dovermi soffermare non tanto su quello che si dice o si è detto a riguardo delle scelte societarie , ma su alcuni aspetti determinanti a far propendere il merito del passaggio alla squadra spagnola.

In entrambi i confronti sul campo ho infatti notato alcune costanti negli atteggiamenti di entrambe le squadre che di fatto hanno fatto la differenza.

In entrambe le gare l’atteggiamento tattico iniziale dell’Atletic Bilbao è stato di forte aggressività su ogni pallone giocato dal Napoli sia in Fase d’impostazione della difesa (tecnicamente si parla di pressing ultraoffensivo) che in fase di costruzione a centrocampo (pressing offensivo).

Questi atteggiamenti hanno visto il Napoli reagire, in verità, diversamente in entrambe le gare. Nella prima gara, dopo un buon inizio partenopeo (i primi 15 minuti) dove il Napoli si opponeva all’aggressività con altrettanta determinazione (seppur non proprio ordinata) , è apparso subito evidente il gap atletico e di organizzazione del gioco, in modo particolare in riferimento alle uscite dal pressing : i centrocampisti non fornivano adeguate soluzioni di gioco per uscire palla a terra e i difensori si vedevano costretti a lanciare la palla in avanti,spesso senza criteri e dettami tattici precisi. Il risultato ottenuto è stato un netto predominio nel possesso palla degli spagnoli, col Napoli che si affidava a qualche palla inattiva, alla giocata di qualche singolo, specie in ripartenza.

Nella seconda gara, invece , davanti a un identico atteggiamento tattico dell’Atletico, appariva evidente la migliore predisposizione tattica del Napoli nel cercare di uscire palla a terra da questa situazione o quanto meno nel tentare di farlo: i difensori cercavano di portare avanti la propria manovra (tecnicamente si parla di Manovra in ampiezza intrareparto) per consentire ai centrocampisti di abbassarsi, dare uscite, eventualmente raddoppiare e ricompattare la squadra. Tuttavia anche in questa occasione la migliore forma fisica (o dinamismo) dell’Atletico ha avuto la meglio poiché gli stessi centrocampisti venivano chiusi e marcati (tecnicamente si parla di chiusura degli appoggi). Ai difensori non rimaneva che lanciare le punte .

Questa soluzione “forzata” è stata però attuata, nella seconda gara, con maggiore intensità da parte dei difensori che cercavano il movimento delle punte con più attenzione in modo da non sprecar la giocata: ma non capisco perché quasi sempre su Higuain e quasi mai su Mertens o Callejon concedendo prevedibilità all’unica forma di organizzazione di gioco partenopea.

In entrambe la gare inoltre il Napoli non ha letto con costanza le situazioni di palla libera o coperta e l’elastico difensivo ne è risultato spesso sacrificato. Tradotto (in maniera semplicistica) significa non abbassare le linee quando il possessore palla vede la porta e non è chiuso e non salire quando il possessore non vede la porta o è chiuso: in questo modo il baricentro della squadra rimane troppo basso e si subisce inevitabilmente il gioco avversario.

Altro aspetto riguarda la qualità dei singoli interpreti. E’ apparso evidente infatti che giocatori della stessa esperienza ,qualità tecnica e tattica quali Higuain, Callejon, Hamsik, Maggio non erano in organico dell’Atletico (anche se Aduriz, Munian e Lopez potrebbero sicuramente diventarlo) ma gli spagnoli avevano complessivamente una qualità tecnica e tattica più omogenea e coerente con l’idea di gioco di Mr.Valleverde, laddove il Napoli in alcuni reparti era superiore e in altri clamorosamente dietro specie a centrocampo: Gargano e Jorginho, seppur bravi nel non possesso palla a ricompattare la squadra, rimanevano puntualmente fuori dal gioco e dalla manovra (visto il pressing avversario, sarebbero serviti più dinamismo, più smarcamenti per avere maggiori possibilità di costruzione).

Ultimo importante aspetto riguarda la riconquista della palla e le ripartenze.

Il Napoli non è riuscito mai a recuperare una seconda palla specie nella seconda gara dove, evidentemente per limiti fisici, i partenopei hanno scelto di non pressare (salvo saltuariamente sugli esterni a centrocampo) e le ripartenze sono state eseguite solo grazie alla qualità tattica di Hamsik e, anche in questo caso, quasi mai dagli altri centrocampisti .

Ci sarebbero tanti altri aspetti da affrontare ma gli elementi tattici indicati sono già di per sé prova sufficiente dei meriti dell’Atletico capace di proporre in entrambe le gare un gioco aggressivo, veloce (sempre massimo a due tocchi), imprevedibile e soprattutto coraggioso al cospetto di un Napoli attendista del calo fisico degli spagnoli e timoroso, capace di proporre solo giocate individuali dei suoi migliori giocatori e qualche ripartenza. Non bastano quindi i clamorosi errori difensivi a giustificare la sconfitta, dietro ci sono motivi secondo il mio modestissimo parere più sostanziali: l’organizzazione del gioco e il coraggio hanno battuto le capacità dei giocatori più rappresentativi del Napoli, un Napoli sicuramente da rivedere al completo e con qualche rinforzo in più in difesa e a centrocampo.


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